La leggenda della Madonna degli schiavi
In un giornale del 1893 abbiamo rintracciato una leggenda, allora viva “lungo le marine del Tirreno”, reca per titolo: La Madonna degli schiavi. Si riporta anche perché non sappiamo se sia ancora viva o meno da quelle parti.
G. M. Garritani così localizza il luogo che la interessa: “La Praia degli Schiavi o Praia d’Aieta è la prima terra calabra che s’incontra appena varcato il Cilento (…) È la Praia d’Aieta una ridente marina tra il fiume Noce di Castrocucco che la bagna a Settentrione e l’immensa scogliera di S. Nicola Arcella che la racchiude a mezzodì, circondata a levante dalla catena degli appennini brulli e selvaggi che la riparano dai venti di terra troppo pericolosi pei marinai di colà”.
Il suddetto così descrive la zona: “Scende a mare lievemente, graziosamente, porgendo con le sue scogliere grato asilo alle navi che ivi cercano un riparo dalle intemperie e lieto ritrovo ai numerosi bagnanti che v’accorrono”.
Nella Praia degli Schiavi vi è un santuario in due grotte spaziose “lievemente separate da qualche colonna”. Vi si accede per una lunga scala.
Interessante è la leggenda che si racconta: “Durante le escursioni dei saraceni lungo le coste calabresi, una barca veniva dal Cilento verso la Sicilia a gonfie vele, tra un mare splendido d’estate ed un venticello gagliardo che spingeva il naviglio ad un viaggio felice e sollecito verso la sua terra. Ne era comandante un saraceno – che si era disgustato delle malvagità dei suoi correligionarii. Egli non tollerava che i suoi mori maltrattassero i cristiani e nel segreto della sua cabina aveva tante volte pianto sulla sventura dei cristiani dalla sua ciurma imprigionati. Quella volta aveano a bordo un’intera famiglia da non so quale paese trascinata alla stiva ed incatenata, una famigliuola di cui il vecchio genitore ed un gioiello di bambina aveano, sopra tutto, mosso l’animo del pietoso comandante. Questi cercò di agevolarli in qualche modo, facendoli sciogliere dalle catene e permettendo loro di passeggiare liberamente sulla tolda, ma la ciurma, dispiaciuta di questa deferenza mostrata da un saraceno ai cani cristiani, dapprima fecero delle rimostranze, poscia delle minacce al loro capo”.
La barca giunse di fronte alle grotte della Praia d’Aieta; “quivi tutta improvvisamente si levó la burrasca: il mare, già tranquillo come uno specchio, divenne furioso e le onde minacciavano d’inghiottire la fragile barca; il cielo sereno e limpido, come suole essere il nostro cielo meridionale, ad un tratto si covrì di nuvole, e i tuoni scrosciavano irosi intorno alla minacciata navicella”.
Cosa fosse la causa dell’improvviso mutamento non si sapeva “e la ciurma livida e paurosa invocava l’aiuto di Macometto (sic), profeta di Dio! Il comandante però capì che bisognava disfarsi dei cristiani prigionieri e, chiamati a sé i migliori dell’equipaggio, propose loro di liberare quella famiglia, alla quale soltanto era dovuto se la barca passava il pericolo di naufragare. L’equipaggio si ribellò con maggiore ostinazione questa volta, anzi, chiamati sulla coperta tutti i prigionieri, cominciarono a spogliarli per legarli nudi alle antenne e farli cosi certamente perire”.
Allora trovarono la statuetta di una madonna che la ragazza nascondeva fra le vesti. “Il capitano, profittando di ciò, propose alla ciurma di far scendere a terra quella statua a calmare il Sabaoth dei cristiani, e tutti accettarono. Una barchetta fu gittata a mare ed in essa calarono due marinai più vigorosi, con la madonna da portare a terra”.
La tempesta cessò. I marinai giunti a terra nascosero la statua nella grotta, perché “allora il mare giungeva sino a lambire quelle grotte che ora sono così alte”.
Tornati a bordo i marinai si diressero verso la Sicilia, ma si levò, improvviso, un vento così contrario e forte che non fu possibile procedere. La ciurma, allora, gettò in mare la famiglia cristiana e il loro comandante. Questi furono accompagnati dai delfini a terra e un cane li condusse dove era stata depositata la statua della Madonna. Il naviglio naufragò sugli scogli del Cilento.
“Da allora, conclude il narratore, è rimasta quella madonna nelle grotte che chiamano appunto la Madonna degli schiavi, miracolosamente capitata colà e miracolosa protettrice della plebe che vive in quelle campagne e su quel mare”.
Le leggende sono sempre affascinanti. La Calabria ne è ricchissima, ma nessuno ha pensato di raccoglierle.
Giuseppe Abbruzzo