“Poeti” di Angelo Gaccione
Con la recente raccolta dal titolo Poeti, con sottotitolo, Ventinove cavalieri e una dama, Di Felice Edizioni, ritorna a coinvolgere il lettore, il canto melodioso e struggente di Angelo Gaccione. L’opera, con note di Vincenzo Guarracino e Alessandra Paganardi, è un viaggio poetico attraverso tutto il novecento, arrivando fino ai giorni nostri.
L’idea geniale di Gaccione è affidarsi ai poeti, molti di loro conosciuti e frequentati, altri incontrati nello studio della nostra storia letteraria. Si dipana il suo canto su un verso iniziale di uno dei poeti nel testo; con un intimo sentire consente all’autore un dialogo nel tema che svela sentimenti, impegno sociale, il proprio privato, la strenua difesa di diritti e l’aspirazione alla libertà.
Gaccione, uomo del nostro tempo, è la prova della fedeltà alla parola scritta, che in mezzo secolo, resta la testimonianza di coerenza e comunque mai sottomessa al Potere. Gaccione si chiede perché “vengono al mondo i poeti” e la risposta che egli ci dà, dopo tutto, è quella di “gravarli della pena / che solo la fatica di vivere comporta”. Ha ragione quando Caproni svela che la poesia “è il sale del mondo”, come il sole che tutto illumina e a Gaccione indica la strada seguendo la propria ombra.
Con Sbarbaro, Angelo concorda nella grazia concessa ai poeti, perché anche egli è convinto che la parola genera felicità. Si riaffaccia altresì l’incubo del male. Il ricordo di Hiroshima è il fantasma che aleggia nel mondo e con Raboni si chiede allora che ne sarà della nostra stoltezza se non evitiamo che l’idea della guerra possa prevalere. Un verso che a volerlo metabolizzare spezza il cuore.
Tematiche nella poesia di Gaccione affrontate con un linguaggio lieve ma incisivo, una filosofia che sa d’antico. Una celebrazione genuina di una religiosità laica della natura e la denuncia coraggiosa di tutte le offese provocate dalla nostra follia disumana.
Il ricorso al ricordo e la forte nostalgia del ritorno ai luoghi dell’infanzia povera e felice, nonostante tutto, è allo stesso tempo la grande voglia di emergere per farsi parola. Nei sui versi c’è anche lo sconforto verso la meta e il bisogno di una compagnia per non restare soli.
Il suo pensiero va a quell’unica dama nel volume nella voce di Antonia Pozzi. La parola è la medicina giusta per i nostri malesseri interiori che quasi sempre salva la vita. Pavese è vivo ancora oggi perché ci ha insegnato il mestiere di vivere in questa giungla che non ha più regole ma disordine. Gaccione dialoga con Ungaretti, Quasimodo e Montale. pilastri della nostra poesia, ma ama Penna e la felicità per una giovinezza interiore che non ha baricentro ma sa lasciarsi andare “come foglia in attesa di volare o cadere”.
La poesia di Gaccione è musica che affascina e sconvolge, essa domanda il lettore e si domanda dando anche risposte che in verità sono segni e sogni di speranze a volte disperate per l’insensatezza di noi “Uomi…” malati di soldi e di potere. Del resto tutto quanto previsto da Pasolini di cui Angelo si era già occupato.
Ma niente di nuovo oggi sotto questo cielo. Ci salverà la poesia? Nessuno è in grado di darci una risposta, so solo e lo sanno i poeti che senza poesia il mondo sarebbe più povero, forse da tempo finito. Gaccione nella sua opera canta l’amore, grida senza paura contro ogni guerra, contro l’ingiustizia e rivendica con la sua opera di scrittore, a tutto tondo, i diritti per i senza diritti, per fermare la violenza che dilania l’animo umano e annienta bambini innocenti che domani forse cercheremo.
Un ritorno felice al primo amore di Gaccione per la poesia, con questa bella raccolta, che lascia un segno indelebile nel lettore per il suo stile chiaro e suggestivo, che non può che essere il rumore della coscienza per scuotere l’individuo dal proprio torpore e dall’assenza di partecipazione alla salvezza di un pianeta che rischia di questo passo di andare a rotoli.
Francesco Curto