Le Idi di marzo
Alle Idi di Marzo del 44 a.C, Giulio Cesare fu vittima di una congiura.
I senatori, guidati da Gaio Cassio e Decimo Bruto, complottarono contro Cesare e temendo che quest’ultimo volesse instaurare una monarchia, indossarono i panni di difensori della tradizione e della Repubblica. Probabilmente, in realtà furono invidie e rancori a muovere la maggior parte dei congiurati.
Il 15 Marzo era un giorno festivo dedicato al dio della guerra Marte e ricorrevano anche i festeggiamenti in onore alla dea del rinnovamento Anna Perenna. Bruto, con questo pretesto, aveva stanziato un gruppo di gladiatori nella Curia di Pompeo, sede dell’assemblea del senato.
Qui, Cesare fu accerchiato dai traditori, ricevette ben ventitré pugnalate e mori ai piedi della statua del suo avversario Pompeo Magno, fu portato a casa da due schiavi anche se i senatori avrebbero voluto gettarlo nel Tevere e confiscarne i beni. Non lo fecero per timore del console Marco Antonio e del comandante della cavalleria Lepido.
Tuttavia la morte di Cesare non servì a fermare il deteriorarsi inevitabile della Repubblica, al suo posto venne eletto Ottaviano, figlio adottivo di Cesare e tutti gli assassini vennero costretti all’esilio. Secondo la tradizione i traditori di Cesare morirono violentemente nell’anno successivo. Dante, li inserirà nella Divina Commedia all’interno della Giudecca dell’Inferno.
La morte di Cesare, secondo Svetonio venne annunciata da vari prodigi: fu ritrovata una tavoletta in una tomba che parlava della morte per mano di consanguinei di un discendente di Iulo; i cavalli da Cesare consacrati quando attraversò il fiume Rubicone, non volevano mangiare e piangevano continuamente; un uccello con un ramoscello di lauro nel becco fu fatto a pezzi da altri uccelli mentre volava verso la curia di Pompeo. Inoltre, Cesare stesso aveva sognato di volare al di sopra delle nubi e stringere la mano a Giove e persino la sua ultima moglie, Calpurnia, sognò la morte di Cesare tra le sue braccia mentre un vento misterioso la ridestò spalancando di colpo le porte della stanza. Fatale fu la profezia di Spurinna a cui Cesare non diede peso:
“Fai attenzione al pericolo che non si protrarrà oltre le Idi di Marzo”.
C’è da dire che in un primo momento l’imperatore, titubante, stava per rimanere a casa quel fatidico giorno e fu solo successivamente che convinto da Bruto si recò in Senato.
Il corpo assassinato di Cesare venne esposto su di un podio chiamato Rostria e fu mostrato alla folla con tutte le ferite mortali. Fu a questo punto che Marco Antonio tenne il famoso discorso in cui in principio tesseva le lodi del defunto e successivamente caricava di rabbia il popolo agitando la toga insanguinata di Cesare. La folla appiccò fuoco al luogo dove Cesare fu assassinato, si cercarono i colpevoli e si cremò il cadavere di Cesare all’interno del Foro.
Suggestivo è il discorso di Marco Antonio recitato da Vittorio Gassman: