Riflessioni sul finire del giorno

Bata - Via Roma - Acri

Il crepuscolo è la parte del giorno che personalmente ci ha sempre indotto, se non tristezza, almeno malinconia. Fin dall’antichità, l’uomo è sempre stato spaventato dalle tenebre, dal buio e da ciò che non riesce a vedere e a controllare. “L’ora che volge al desio”, a differenza di quanto avveniva in Foscolo, è sempre stata addensata di un alone tra il misterioso e il magico.

Quando bambino nostra madre ci mandava a dormire dalla nonna perché sola, dovevamo attraversare un tratto di strada abbastanza lungo per arrivare dal vecchio campo sportivo alla “Via ranna”, che di grande, per la verità, ha poco, sviluppandosi in un tratto di strada angusto che dalla vecchia “Cassa mutua” risale per un paio di centinaia di metri fino a giungere a uno spiazzo.

Da quella piazzetta, la strada finisce per dipanarsi ulteriormente in  due pezzi ancora più angusti, entrambi necessariamente a senso unico, uno che giunge a Casalicchio attraverso una strettoia che reca su entrambe le facciate i segni lasciati dalle portiere e degli specchietti delle vetture; il  secondo tratto collega la “via ranna” con i Cappuccini attraverso una seconda strettoia. Ossimoro maggiore, pertanto, non ci veniva e non ci viene in mente.

Venivamo inviati abbastanza presto, subito dopo Happy days, proprio per evitare che ci cogliesse la notte. Giunti a casa della nonna, parte della serata, d’inverno, si sviluppava davanti al camino, tra caldarroste e le immancabili “rumanze”, popolate da spiriti, maghe e fattucchiere, che contribuivano ad alimentare in noi la paura del buio e delle tenebre.

In quei racconti c’era sempre una componente magica, qualche spirito che aleggiava, qualche orco o altre entità soprannaturali che popolavano il mondo, sempre di notte. Quei racconti – ce ne rendemmo conto crescendo – avevano sempre uno scopo didattico. Gli spiriti di chi era morto per mano di qualcuno ritornavano per vendicarsi del proprio assassino. Se qualcuno aveva compiuto qualche malefatta, c’era sempre un’entità che costringeva a pentirsi e ritornare sulla retta via. Preferivamo di gran lunga i racconti popolati da re, regine, maghi, rispetto a quelli che avevano come protagonista spiriti.

Un racconto ci colpì particolarmente e si riferiva a un evento a cui nostra nonna dichiarava, da bambina, di avervi assistito. Il padre, ritornando a casa di sera, trovò rannicchiata in un angolo una donna vestita di stracci, sola all’addiaccio. Interrogata su cosa facesse in quel luogo, non rispondeva. L’uomo decise, pertanto, di prenderla di peso e portarla a casa per darle ristoro. Dopo cena, si allestì un sacco con fodere secche per accogliere l’inaspettato ospite. Nella notte furono tutti svegliati da un bagliore e un rumore.

La donna si rese protagonista di una serie di immagini che stupirono non poco gli astanti: prima si denudò, poi si gettò nel fuoco, per poi assumere altre e diverse sembianze. Il padre di nostra nonna, impaurito, si rivolse alla donna chiedendole: “buon Dio, chi sei Tu? Come mai tutte queste scene”. La donna, finalmente si espresse dicendo “Io sono colei che decide il destino degli uomini.

Quando mi sono buttata nel fuoco, in quel momento nasceva un bimbo che finirà nelle fiamme; quando mi sono spogliata nasceva una donna che avrebbe fatto “il mestiere”. Ora riportami dove mi hai trovata, non posso stare qui”. L’uomo provò a rimandare all’alba la cosa ma non fu possibile e, nottetempo e impaurito, fu costretto a riportare la donna all’angolo dove la aveva raccolta. Il racconto, condito con espressioni e intercalari sapienti, ci impressionò non poco.

Ci rasserenava il fatto che avremmo dormito nel lettone della nonna. Tutta la notte le restammo abbarbicati. Solo anni dopo ripensammo a quelle storie e fummo capaci di analizzarne il fine ultimo, che era, in definitiva, quello di dare una visione del mondo che era tipica di una generazione sostanzialmente fatalista, che aveva vissuto due guerre e che ne aveva subite di tutti i colori ed  era stata abituata a pensare che i destini degli uomini sono predeterminati e non possono mutare, per cui opporvisi è esercizio totalmente inutile. Una visione, quest’ultima, che faceva sicuramente comodo a chi si trovava in una posizione migliore e agiata e che era portato a far pensare agli altri che tutto fosse deciso a priori.

Chi sa se nostra nonna avrà trovato nell’altra vita quell’agiatezza e quelle comodità che sognava ma che la sua condizione di nascita le aveva negato mentre le veniva insegnato che tutto era immobile.

Massimo Conocchia

Bata - Via Roma - Acri

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

error: - Contenuto protetto -