ZEFIRo soffio di vita: il dio nell’ arte, nella letteratura e nella musica

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Nelle fredde giornate invernali si comincia a desiderare il ritorno della primavera, della mitezza dei raggi solari e delle giornate più lunghe, quando la brezza è ricca del profumo dei fiori che ci spingono ai pensieri più dolci.A contribuire al ritorno della bella stagione nell’antichità vi era un Dio del vento che risvegliava la vita, era noto a tutti come Zefiro.

Zefiro è il Dio  greco del vento, l’ etimologia del nome è Zéphyros, derivato da zóphos = zona delle tenebre, occidente e, nella mitologia greca, era la personificazione del vento dell’ovest o del Nord-ovest. Zefiro nasce da Astreo (Eolo), Dio dei venti, e da Eos, Dea dell’aurora e , successivamente, fu sposo di Colori, ninfa della primavera. 

Suo fratello era Borea, il vento del nord e, come lui, abitava in una caverna della Tracia.

Le prime forme di venerazione di Zefiro risalgono alla civiltà micena dove il nome Zepuroè venne ritrovato a Cnosso su delle tavolette insieme a quello di una sacerdotessa dei venti. Seppure divinità minore, gli si dedicavano sacrifici varie volte l’anno: con lo scopo di farlo soffiare o, al contrario, di tenerlo distante a secondo delle necessità agricole.

Il Dio venne citato anche nell’ Iliade , come vento piovoso e violento, e nell’Odissea considerato al contrario brezza tiepida che annuncia la primavera.

La mitologia narra  che, innamorato del giovane Giacinto e geloso della sua amicizia con Apollo, Zefiro deviò il disco lanciato dal Dio solare,  uccidendolo il giovinetto sul colpo. Mentre, con l’arpia Celeno, assumendo le sembianze di giumenta, Zefiro generò i figli Balio e Xanto,  divini cavalli che conducono la biga di Achille. 

Nell’ antica Roma Zefiro era venerato come Favonio da cui deriva il nome tedesco del vento secco Fönn, che ritroviamo nel nome del moderno asciugacapelli.

Anche in questo caso si tratta di un vento mite e primaverile, capace di far sbocciare i fiori e di produrre i frutti.  Favonio infatti deriva dal latino faveo = favorire la crescita, perché col suo tepore favoriva i germogli, oppure dal latino foveo = riscaldare, essendo un vento mite.

Il Dio era solitamente rappresentato come un giovinetto alato che tiene in mano un mazzo di fiori primaverili, coperto solo da un velo e seguito da una scia di vento.

I sacrifici in suo onore erano incruenti e consistevano principalmente in libagioni di latte e vino. L’ intento era quello di invocarlo affinché nascessero i primi germogli in primavera e questi riti erano eseguiti dal padrone di casa o dalla domina e non dal sacerdote.

Ovidio nelle Metamorfosi narrò dell’amore tra Zefiro e Clori, la ninfa dei fiori e,

Questo mito, venne rappresentato nella Nascita di Venere (1482-1486 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi) da Sandro Botticelli. 

I corpi delle due divinità, nel dipinto, risultano avvinghiati quasi come se trasparisse anche la visione delle loro  anime intrecciate e lo scopo di questo contatto è quello di fondersi per generare pura Vita, materiale o spirituale che sia.

Il loro abbraccio dolcemente sensuale presenta un erotismo che non ha nulla di lascivo, ma è abbandono spontaneo e vitale.

Zefiro e Clori sono la rappresentazione dell’unione delle due energie vitali, lo Yin e lo Yang, il Maschile e il Femminile. 

Ciò si evince anche daI contrasto cromatico scelto da Botticelli: la carnagione ambrata di lui che contrasta con la pelle lattea di lei; e nelle loro chiome: i capelli di Zefiro sono castani, quelli di Aura di un biondo ramato. 

Nella rappresentazione del Maestro, le gote di Zefiro sono gonfie ed il suo soffio è  ispirazione dell’intelletto, disposizione della mente razionale mentre Clori è l’incarnazione della potenza creativa.Con la bocca dischiusa ella accenna un sottile getto d’aria  libero di fluire in ogni direzione, richiamando l’espressione biblica “il Vento soffia dove vuole” (Giovanni 3,8).

Clori rappresenta così un concetto che nella filosofia induista viene chiamato Shakti, il Divino Creativo Femminile.

Inoltre,la figura di Zefiro ispirò anche i musicisti ad esempio “Zefiro torna e di soavi accenti” è un madrigale del 1632, composto da Claudio Monteverdi su parole di Ottavio Rinuccini (1562-1621).

La poesia è un sonetto, di stretta ispirazione petrarchesca (il modello è RVF CCCX: Zephiro torna, e ‘l bel tempo rimena). La prima parte (le quartine e la prima terzina) descrivono il ritorno della bella stagione, mentre l’ultima strofa introduce, per contrasto, la tristezza del poeta abbandonato dalla donna amata.

Ecco il testo di Rinuccini:

Zefiro torna e di soavi accenti

l’aer fa grato e ‘l piè discioglie a l’onde

e, mormorando tra le verdi fronde,

fa danzar al bel suon su ‘l prato i fiori.

Inghirlandato il crin Fillide e Clori

note temprando lor care e gioconde;

e da monti e da valli ime e profonde

raddoppian l’armonia gli antri canori.

Sorge più vaga in ciel l’aurora, e’l sole

sparge più luci d’or; più puro argento

fregia di Teti il bel ceruleo manto.

Sol io, per selve abbandonate e sole,

l’ardor di due begli occhi e’l mio tormento,

come vuol mia ventura, hor piango hor canto.

A titolo di confronto, si può citare un madrigale sempre di Monteverdi, scritto vent’anni prima sul testo originale di Petrarca.

Ecco il testo:

Zefiro torna, e ‘l bel tempo rimena,

e i fiori et l’erbe, sua dolce famiglia,

et garrir Progne et pianger Philomena,

et primavera candida et vermiglia.

Ridono i prati, e ‘l ciel si rasserena;

Giove s’allegra di mirar sua figlia;

l’aria et l’acqua et la terra è d’amor piena;

ogni animal d’amar si riconsiglia.

Ma per me, lasso, tornano i piú gravi

sospiri, che del cor profondo tragge

quella ch’al ciel se ne portò le chiavi;

et cantar augelletti, et fiorir piagge,

e ‘n belle donne honeste atti soavi

sono un deserto, et fere aspre et selvagge.

Apportatore di vita e di primavera, Zefiro nella storia soffio sui vari intelletti ispirandoli e permettendogli di rappresentarlo in tutte le sue sfaccettature, il Dio del vento fu così ulteriormente immortale e conosciuto (per sentito dire, o per sbaglio) anche dalle menti profane.

D’ altro canto si sa, il vento arriva ovunque ed è impossibile da domare.

Gaia Bafaro

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