La tavola di Natale 

L’ allestimento della tavola mantiene un valore straordinario in qualsiasi tipo di cultura, sia per il significato sociale di aggregazione e di “pacificazione”che il Natale ha sempre mantenuto (le armi venivano deposte durante questo periodo), sia perché si vivono momenti al di fuori dei rituali quotidiani.

La mise en Place dell’ apparecchiatura rispecchia tradizioni familiari e locali.

È solo dal dopoguerra che nella tradizione conviviale viene introdotta la letterina di Natale , una piccola pagina doppia con bordi preziosi disegnati e intagliati a merletto o dorati con al centro la rappresentazione di un presepe con i Magi che offrono i doni a Gesù.La letterina veniva scritta con difficoltà dai bambini a causa dell’ utilizzo delle penne ad inchiostro che venivano trovate dai piccoli sotto il piatto dei papà, questi ultimi con stupore la leggevano ad alta voce per dare inizio al banchetto di Natale.

Nei tempi attuali sulla tavola spesso vengono accese delle candele anche a pranzo, si tratta di una eccezione poiché solo in occasione dei matrimoni il bon ton prevede l’ utilizzo di centrotavola di giorno.

Tra le pietanze spicca il tacchino che arrivò in Europa nel 1504 probabilmente con Colombo di ritorno dal suo ultimo viaggio in America Centrale e che ebbe successo sulle tavole europee fino ad arrivare nel 1524 alla corte di Enrico VIII di Inghilterra che ne ufficializzò l’ uso regale. Il tacchino rimase a lungo prerogativa dei Nobili anche a causa del suo costo poco accessibile. 

In diverse tradizioni si prepara il Capitone che è la femmina dell’ anguilla, cucinato  soprattutto a Napoli e rappresentato nella smorfia con il numero 32. La tradizione vuole che acquistato il 23 dicembre ed ucciso da una donna porti salute e buona fortuna ed il fatto che sia preparato da mani femminile allude a Maria che vince sul peccato originale .Sulla tavola natalizia in Francia,ad esempio,si festeggia con ostriche, salmone affumicato e paté de Fois Gras o escargot ma anche oca, prosciutto al forno e tacchino con castagne.

In Spagna invece il 25 è di prassi la escudella, una zuppa di patate e cavolo con varie tipologie di carne e salsiccia in cui si cucina una pasta a forma di conchiglia  e ancora, polpette di carne e pinoli a Valencia ed il besugo(baccalà)nelle zone centrali.In Germania la sera della vigilia si pasteggia a carpa e insalata di patate mentre il 25 sono previsti oca ripiena, salsiccia bianca e maialino arrosto. In Inghilterra è sempre in auge il tacchino ripieno con salsa di mirtilli.

Durante le festività non sono protagonisti solo carne e pesce ma anche i dolci, tra questi ricordiamo il dolce di Natale per eccellenza il panettone o Pan di Toni di cui la leggenda colloca la nascita a Milano sotto la signoria di Ludovico il Moro. Il cuoco della famiglia Sforza bruciò accidentalmente il dolce di Natale e a rimediare intervenne lo sguattero Toni che preparò un pane con uvetta e canditi.

Un’ altra versione della leggenda è più romantica rispetto alla prima e racconta di un ragazzo che inventa il panettone per conquistare la figlia di un fornaio e, infine, la terza storia fa riferimento alla consuetudine medievale di diversificare l’ uso della tipologia di pani per classi sociali e solo a Natale anche le classi più umili potevano cibarsi del pane farcito magari bagnato con un pò di zibibbo.Il panettone milanese si diffuse rapidamente nel 500 mentre la forma attuale del dolce venne stabilità negli anni venti del 900 da Angelo Motta.

Invece ad inventare il Pandoro fu Domenico Melegatti, questo soffice pane a forma di stella deve il suo nome alla pratica di servire a Venezia durante il Rinascimento i dolci ricoperti da una foglia d’ oro.

Per quanto riguarda il Panforte nasce nel 1887 in occasione della visita a Siena della regina Margherita e di re Umberto I di Savoia per la corsa del Palio, realizzato con spezie pregiate  si tratta di una variante del panpepato. Infine non possiamo non menzionare il torrone probabilmente di origine araba, lo ritroviamo in Spagna dove il vecchio vocabolo arabo “turun” è stato tradotto “tuttón “chiamato anche “El duro” ma altre tradizioni lo vogliono di origine sannita con il nome derivato dal latino ” torrefacio”che significa abbrustolire impiegato addirittura durante le nozze tra Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti.

Buone feste a tutti.

Gaia Bafaro

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