Buon Natale
Buon Natale a tutti! Buon Natale ai bimbi che lo aspettano trepidanti; buon Natale agli anziani che continuano a mantenere, nella ricorrenza della festività, un minimo di ancoraggio a una tradizione che contribuiva a dare alla festa quell’alone di magia e che la rendeva speciale e diversa da ogni altra . Sono gli anziani che mantengono quel legame “antico”, perso il quale, rimarrebbe solo l’aspetto nudo e spoglio dell’elemento commerciale. Alcune di quelle tradizioni continuano a rivivere nel cuore e nella mente di chi ha la nostra età. Il tentativo di riproporle ai nostri figli, per quanto ci riguarda, è solo parzialmente riuscito e, per alcuni versi, ci sembra di rivederci in quella scena meravigliosa di “Natale in casa Cupiello”, quando il padre (Lucariello) tentava in tutti i modi di far piacere il presepe al giovane figlio, il quale, puntualmente, ripeteva “’nu mme piace o’ presepe! Ch’aggia ‘a fa’, ‘nu mme piace”.
In quella scena c’era ben più di un fisiologico e ripetitivo contrasto generazionale, c’era la difficoltà del padre ad accettare che il figlio la pensasse diversamente e rifiutasse il suo mondo, e la difficoltà del figlio nel capire che l’attaccamento del genitore al presepe era null’altro che il disperato tentativo di non rassegnarsi a decretare la fine di un patrimonio di valori, il suo, che vedeva sfaldarsi ogni giorno, e non solo sul piano della tradizione natalizia ma anche e soprattutto sul piano della visone della famiglia e degli affetti.
Casa Cupiello simboleggia, in fondo, ogni casa nella quale coesistono visioni contrapposte legate ai tempi, miste ai problemi e ai drammi della vita quotidiana, frutto, sembra dirci Eduardo, di mondi contrapposti e della difficoltà al compromesso da parte di ognuno. L’unica a vedere, subire e patire il dramma nella sua interezza è la moglie Concetta, posta in mezzo tra l’ingenuità del marito e la consapevolezza dei limiti dei problemi dei figli. Alla fine sarà Lucariello a cedere, colpito da ictus, mentre il resto della famiglia resta a guardare attonita e incapace di reagire.
Ecco, forse, ritornando a noi, il recupero di un minimo di tradizione e di valori, filtrata dalla disponibilità ad accettare il mutato contesto, servirebbe a rendere una visione diversa e più autentica del Natale, che, se non sarà più come prima, almeno potrà essere un compromesso tra il vecchio e andato mondo e uno nuovo un po’ più teso a guardarsi indietro con la consapevolezza che non tutto del passato è da archiviare, che forse lo spirito di solidarietà, la propensione a guardare l’altro con occhi più benevoli e fraterni, sarebbe un patrimonio da custodire, specie e soprattutto nella presente temperie, dove visioni schematiche e contrapposte generano guerre e miseria.
Massimo Conocchia