Gli antichi inventori dell’alta cucina
Ai giorni nostri, su qualunque canale televisivo ci si sintonizzi, si trovano format di cucina in diverse salse. A piatti ammirabili si associano intrugli incredibili.
Se ai tantissimi esperti chiedessimo chi sono gli inventori dell’alta cucina, ci darebbero una sfilza di attuali chef multi premiati. Invece?
Invece l’alta cucina è tutta calabrese. L’hanno inventata i Sibariti, ai quali si attribuisce estrema mollezza, ma, nella realtà, erano gran raffinati. La considerazione della cucina ce ne dà un esempio.
Quintiliano tramanda che i Sibariti odiavano la frugalità.
Si rammarica un autore di fine Ottocento: “Se non fossero andati perduti i libri di Timeo, di Filarco e di altri antichi, di cui Ateneo ci serbò qualche passo intorno a’ costumi de’ Sibariti, noi avremmo a stupire del sontuoso banchettare di questo popolo”.
Timeo, nella Cena dei Savi, ci informa che a Sibari chi allestivano le mense, con splendori sempre nuovi e i cuochi, che inventavano nuovi piatti, erano premiati con corone d’oro e celebrati nelle feste pubbliche e nei giuochi come fossero eroi.
Sarà interessante sapere che, se un cuoco inventava un nuovo preparato, ne aveva l’esclusiva per l’intero anno, in modo tale che traesse guadagno dalla sua idea.
Gli abitanti di Sibari avevano inventato il “brevetto culinario”, col preciso scopo di invogliare gli altri cuochi a conseguire il perfezionamento della loro arte, per poter ricevere i suddetti onori.
Interessante è un altro aspetto. Le famiglie ricche stipendiavano più cuochi.
Smintiride da Sibari, quando gareggia con altri pretendenti alla reggia di Clistene, per ottenere la mano della figlia di quest’ultimo, si porta al seguito mille fra cuochi, cacciatori e pescatori. Di tanto ci informano Ateno ed Eliano.
Per evidenziare una “preziosità” inventata dai cuochi sibariti segnaliamo il garu.
Cosa è mai questo preparato? Non è altro che il caviale. E di questa “invenzione” ci informa Erasmo.
I Sibariti ne facevano un guazzetto, stemperato con aceto o vino e olio.
I Romani lo fecero proprio. Ricordiamo che Petronio fa portare alla cena, data da Trimalcione, un grande piatto, al quale sono posti, ai quattro lati, quattro statuette che stillano garu da piccoli otri.
I Sibariti, inoltre, inviavano agli invitati il menu e il nome delle persone che avrebbero partecipato al banchetto. Non mancavano suoni, canti e balli.
Riteniamo che questo possa bastare per far sapere come le raffinatezze della cucina non siano invenzione moderna, ma del popolo più raffinato: gli abitanti dell’antica Sibari. Tanto diede origine all’espressione sibaritica mensa, a opera di Erasmo, per decantare la sontuosità di un banchetto.
Qualche altra curiosità?
Sembra che un piatto preferito fosse a base di anguille. Quanto queste fossero tenute da conto si può capire dal fatto che i pescatori di esse erano esentati dal pagare le tasse, come informa Plinio.
Per avere un’idea della considerazione nella quale fossero tenute le anguille, si pensi che erano celebrate dai poeti, uno dei quali, Erasistrato, ci tramanda come venivano presentate: O candida ninfa di biete vestita. Il contorno preferito era, quindi, la bietola.
A proposito delle anguille: il sommo Dante colloca nel Purgatorio il goloso papa Martino IV, che doveva essere un gran buongustaio:
….. purga per digiuno
l’anguille di Bolsena in la vernaccia.
Proprio così, il papa desinava, facendosi preparare questo piatto nel modo seguente: faceva morire le anguille nel vino bianco e dolce (la vernaccia) per, poi, cucinarle squisitamente.
A questo punto, come nei racconti delle nonne, chiudiamo col dire: ho detto la mia, ora dite la vostra, dopo una domanda d’obbligo: – I Sibariti era rammolliti, come tramandano gli avversari, o erano dei sommi raffinati? –
Giuseppe Abbruzzo