2024 inizia il tempo dei bilanci e dei consuntivi

Ci avviciniamo a grandi passi verso la fine dell’anno. Inevitabilmente, siamo portati a valutare l’impatto dell’anno che sta per scadere in termini di ricadute ed eventi sia sul piano nazionale che su quello internazionale.

L’anno presente si è aperto con tanti problemi irrisolti e molti, ahi noi, sono rimasti tali. A cominciare dai numerosi fronti di guerra per finire con i rapporti tra l’Italia e l’UE e di quest’ultima con Stati Uniti, Cina e Russia. Non vi è dubbio che il conflitto Russia-Ucraina l’abbia fatta da padrone e, in questo ambito, si è registrata una maggiore consapevolezza che l’Ucraina non potrà mai vincere questa guerra, da qui l’esigenza, pronunciata a bassa voce e a denti stretti, di convincere il presidente ucraino a considerare come persi almeno una parte dei territori occupati, Crimea in testa.

Le comprensibili resistenze di Zelenski su questo piano si scontrano contro il cambio di gestione alla Casa Bianca, il cui nuovo inquilino ha già fatto sapere che condizionerà i prossimi invii di armi alla disponibilità dell’Ucraina a considerare un compromesso con Putin, che non può che passare attraverso la disponibilità a concessioni territoriali.

Uno dei motivi della debacle democratica è senz’altro da individuare nella pessima gestione del fronte ucraino, con una politica unicamente a fomentare il conflitto piuttosto che a ricercare un compromesso per limitare i danni. D’altra parte l’Europa è stata tenuta in scarsissima considerazione ed ha avuto – su questa come su altre questioni aperte – una posizione di sostanziale sudditanza nei confronti dello Zio Sam.

Il cambio di gestione negli USA comporterà una politica estera fortemente improntata allo scontro e, se da un lato il fronte ucraino potrebbe risolversi in tempi relativamente brevi, su altre questioni aperte la questione rischia di avere un’ulteriore brusca accelerata con un sostanziale mandato al presidente israeliano di “finire il lavoro” in tempi brevi. Quello che si sta profilando come uno sterminio di un popolo potrebbe vedere una forte e drammatica spinta verso la soluzione radicale. L’atteggiamento americano lascia, peraltro, prevedere un inasprimento dei conflitti in essere col rischio di vederne di nuovi.

La politica suprematista lascia pochi margini al dialogo e al compromesso. D’altra parte, bisogna riconoscere, i democratici, fatta salva una formale ipocrisia, nel concreto non hanno fatto altro che incoraggiare i due conflitti principali in essere.

Il mondo arabo è in subbuglio, incapace, al momento, di trovare una posizione unitaria ma l’allargamento del conflitto e delle tensioni oltre Gaza, che troverà nuovo impulso con la nuova amministrazione americana, nel medio periodo non potrà che rendere quella zona quanto mai instabile. Insomma un 2024 all’insegna della prosecuzione delle tensioni internazionali e del loro probabile futuro potenziamento.

Sul piano interno la situazione non risulta meno conflittuale. I rapporti tra poteri dello Stato non avevano mai toccato un punto così basso, nemmeno nel periodo del berlusconismo più rampante. La pretesa dell’esecutivo di asservire i magistrati al potere esecutivo è contraria a qualsiasi principio democratico oltre che anticostituzionale.

I sindacati sempre più sul piede di guerra contro una manovra finanziaria fortemente iniqua e che prevede, specie per il pubblico impiego e la sanità, poco più che briciole. La questione migranti affrontata più sul piano ideologico che su quello pratico rischia di costarci cara e non solo in termini economici. Il piano albanese, allo stato, si sta rivelando uno sperpero di danaro pubblico e poco confacente alla dinamica del problema.

I dati macroeconomici e sulla crescita del PIL sono poco incoraggianti (pare che la nostra crescita sarà addirittura inferiore alla Germania in recessione che nel 2025 ha previsioni di crescita dello 0.4% contro lo 0% dell’Italia).

La lotta ai privilegi e all’evasione di fatto non è mai partita. Il concordato preventivo di fatto è stato un flop. Tante altre questioni aperte dalla qualità dei ministri – con speciale riguardo alla cultura – all’alta tensione in alcune commissioni cruciali, come quella antimafia che cerca di liberarsi di componenti scomodi come De Raho e Scarpinato.

Insomma, una serie di condotte che, in presenza di un’opposizione compatta e coesa, avrebbe seriamente dato fastidio all’azione di governo. Considerato lo stato in cui versa attualmente l’armata Brancaleone che dovrebbe rappresentare l’alternativa, riteniamo che la premier possa dormire, al momento, sonni tranquilli. 

Massimo Conocchia

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