Sciopero
29 novembre 2024, sciopero generale, tra i punti critici i tagli alla scuola e all’università. Per la scuola si prevedono tagli con la perdita di 5.660 docenti e 2.174 unità di personale ATA. Ad astenersi dal lavoro è stato il personale del settore “Istruzione e ricerca”, docenti universitari, il personale della formazione professionale e quello delle scuole. La spending review tocca quindi anche alla scuola. Si annuncia una riduzione del turn over (del 25%) e si procede alla revisione dei criteri per la definizione delle dotazioni organiche del personale amministrativo, tecnico e ausiliario con una riduzione nel numero dei posti pari a 2.174 unità: in sintesi dal prossimo anno sono previsti meno insegnanti, meno segretari e meno bidelli. Non sembra ci sia molto spazio per diverse interpretazioni.
Per la scuola è previsto un risparmio (leggi taglio) di 88 milioni di euro per il 2025 e di quasi 267 per il 2026. Il ministro del MIM, (Giuseppe Valditara che tanto si sta distinguendo nel dibattito pubblico per le sue posizioni più che conservatrici) aveva dichiarato che non avrebbe tagliato perché il settore scolastico sta bene così com’è. E invece no. I tagli ci sono. Si tratta di un ulteriore depotenziamento del sistema pubblico, unico vero progetto politico-culturale di questo governo. Per il settore scuola questo si accompagna ai pericolosi slogan retorici legati alla disciplina, alla fobia e al sequestro delle tecnologie agli studenti e alla lotta riguardo le questioni di genere. Si tratta di tagli e di restrizioni culturali mai visti sinora (e noi che ci lamentavamo di Tremonti-e Gelmini…). Su scuola e cultura solo critiche, tagli e disinvestimenti. Unica novità (peraltro necessaria e richiesta anche dalle forze di opposizione) la Carta del docente anche ai supplenti, e ci mancherebbe altro!
E l’Università? Gli atenei lamentano tagli per 173 milioni. Sta crescendo la mobilitazione, soprattutto quella dei ricercatori precari che saranno dimezzati dalla fine del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) al termine del 2025. I tagli per l’università saranno di 200 milioni all’anno per un triennio. Una decisione che metterà in ginocchio soprattutto gli atenei medio-piccoli. Una simile situazione potrebbe contribuire al boom delle università telematiche, università private che proliferano nel territorio nazionale elargendo titoli di laurea con meno sforzo e meno reputazione e che generano una inflazione del valore e della qualità del titolo universitario.
Il progetto politico-culturale è chiaro, diminuire il valore culturale e politico dell’istruzione, quella pubblica in particolare. D’altra parte, si tratta di un progetto coerente con gli intenti valoriali di questo governo. Semplicemente fanno quello che dicono di fare.
Assunta Viteritti