Le poesie di Cecilia

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Dopo aver letto la seconda raccolta di poesie di Cecilia Minisci ho concretizzato il mio entusiasmo per l’autrice, poetessa elegante e raffinata, sia nei sentimenti che nello stile. I primi sono sempre intensi e profondi, spesso complessi, ma comunicati con una  chiarezza tale, da raggiungere con facilità il lettore e sollecitarne il pensiero e l’animo, fino al punto di una condivisione. Infatti i temi affrontati, gli eventi vissuti e i sentimenti provati dalla Minisci fanno capo ad elementi umani, in cui il lettore si ritrova e a cui non è nuovo.

Cecilia Minisci racconta il suo vissuto attraverso i sentimenti, racconta le lotte affrontate in nome del suo aver creduto con passione e quando si accorge che è facile scontrarsi con i mulini a vento, senza sortirne risultati, sembra in contraddizione con la sua raffinatezza interiore, ma sussulta e non riesce a placare il suo animo.

Alla fine resterà la pena

a tormentare l’animo e il pensiero,

la luce perisce nell’incapacità di amarsi e di capirsi,

mentre cerchiamo soluzioni con inutili parole,

che più ripetiamo e più non comprendiamo. ( Tempo mutato)

E questa poesia  rappresenta una delle tante volte in cui l’autrice si rammarica di vivere questo tempo e dice di non essere stata lei a  scegliere questo mondo, in cui vivono inganno e menzogna e dove Cristo è sparito dai volti dei fratelli e del mondo circostante, quanto piuttosto di essere stata scelta. Cecilia Minisci è una poetessa fortemente propensa all’introspezione e particolarmente capace e aperta alla condivisione, con un verso apparentemente lieve, ma effettivamente intenso e toccante, fino al coinvolgimento del lettore, come abbiamo già detto. La sua è una poesia autentica e vera, che ricorda e rivive gli eventi ispiratori. La sua è una poesia che condanna la poesia falsa e costruita, come pure “gli esperti critici” che falsano il già falso.

Minisci prova un particolare amore per la Natura, sottofondo e sfondo della sua vita. Ne ha sempre avuto un concetto divino, infatti parla di “miracolo della Natura, che fa sognare e rende rispettosi di un sacro misterioso”. E’ nella Natura che lei si rifugia perché l’ama, crede nei suoi poteri e sa bene che rende feconda la mente.

Cecilia Minisci ha lavorato e vissuto lontano dalla sua terra, ma appena ha potuto ha scelto di tornare e di riabitare la sua casa, posta su una collina, a contatto con la natura, che l’aveva vista bambina e adolescente, entusiasta e gioiosa, come lei stessa racconta nelle sue poesie. E a proposito del ritorno nel suo paese, Cecilia aveva soffocato il senso della vita ed era andata via, senza mai dimenticare quei luoghi magici e si era aggrappata ad ogni frammento di quella terra”, che aveva il potere di alleggerirle il cuore. Lo aveva lasciato ma sognato “cercando di saldare nell’animo memorie pure e immacolate.” E’ tornata nei luoghi della sua spensieratezza, sperava tacitamente di ritrovare l’animo di un tempo. Ma la fanciullezza è svanita e l’età matura non trova sollievo; la natura le procura una malinconica solitudine e, dopo un pesante e lungo cammino, si ritrova con le ginocchia graffiate e capisce che niente sarà come prima. Avverte che il suo andare avanti non avrà senso e luce. E da qui, attraverso le sue intense poesie, ci si apre il suo mondo e la sua malinconia. Era tornata nella casa dei sogni e della speranza infranta e non certo nella casa della rinascita. La nostra poetessa ha constatato che nella corsa della vita si nascondono timori e debolezze, inquietudini e vuoti, ma i luoghi natii non ripagano. E’ questo il suo grande dolore. Il Natale ha perso il suo profumo. La guerra non è mai finita. Il tempo passa e tormenta. Esso corre all’impazzata, vago, falso, illusorio. Esso distrae dal vero e dal sentire. Inganna.

Cecilia vorrebbe conoscere il senso del tempo, ma, come per miracolo, avverte che non era mai passato, anzi, lo scopre “testimone silenzioso e fermo in ogni dove e guarda gli eventi e il loro scorrere.”

Sicuramente la poesia di Minisci è un canto triste perché consapevole dell’incostanza del tempo, delle inevitabili perdite, che riconducono all’inesorabilità del tempo, suo tormentoso rammarico, ma non smette di amare e di riconoscersene capace (“Eppure vidi tanti arcobaleni/ prima che gli occhi miei fossero stanchi/ di mirar con giusto amore alla mia vita”).

Al di là di quella nostalgia permanente, l’amore per gli animali la rasserena, nelle sue poesie parla di “anima di gatto”, “cuore di gatto”, “carezza che mi rasserena,/ negli occhi verdi e attenti di un felino/ autentico e leale…”).

Potrei continuare all’infinito a parlare della Poetessa Cecilia Minisci, della sua profonda capacità introspettiva, ma concludo con dei versi che mi hanno profondamente commossa, mi riferisco alla poesia “Una sera di Dicembre”, ai versi in cui l’autrice si identifica con la sua stessa anima, che non sente più il Natale, come lei, che si ostina a cercarne il perché e a cui vorrebbe far vedere con gli occhi suoi ciò che lei vede. “E ci provo con i versi alla ricerca di parole giuste./ Incredulo esulta poi il mio pensiero/ e l’animo commosso si distende,/ quando con la dolcezza di un bambino,/ tu mi racconti di vedere tutto,/ anche i colori che vorrei mostrarti,/ ascoltando la lettura delle mie parole./ Allora mi convinco, e color di pace/ assume il cuore, che muove intorno a noi/ la limpida presenza del Divino./

Con questi versi mi rassereno, perché leggo in lei non la rassegnazione, ma  la catarsi;  infatti,  grazie agli stessi versi, il suo cuore assume il colore di pace e il suo animo la distensione, pur non cancellando l’importante rammarico, che, non a caso, racchiude nel verso che ha scelto come titolo della raccolta: “Eppure noi ci siamo stati”.

Sì, dice, noi ci siamo stati, ma quel tempo, che meritava di essere protetto, dov’è finito? Cosa ha fatto di noi? Si è dileguato, senza darci alcun merito. E noi nulla. Eppure abbiamo creato, abbiamo amato, siamo stati audaci; siamo stati qualcosa di bello, ma non ce ne siamo accorti e il tempo ne ha approfittato.  Forse è stato inutile…forse… oggi neanche più un sorriso per noi!   Il “forse” l’ho aggiunto io, infatti  le poesie di Cecilia Minisci dicono  che il tempo non ha cancellato quel che era e ha voluto che la sua arte fosse prima o poi riconosciuta e premiata.

Anche le raccolte poetiche, non solo i romanzi, raccontano vite, solo che le poesie privilegiano gli animi e io ho scoperto la vita intima di Cecilia.               

Franca Azzarelli

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