Lezione d’Amore
A vederli entrare in ambulatorio insieme, stretti a braccetto, diresti che è una coppia squilibrata, l’apparenza non è mai stata così ingannevole.
Lui è un omone grosso e il berretto da capitan Findus che ha in testa lo fa sembrare ancora più alto, lei, invece, è più o meno la metà, anche se porta le scarpe con qualche centimetro di tacco e dietro, a chiudere la fila, c’è anche il figlio e lui è un giusto equilibrio di cromosomi, né alto e né basso, né magro e né grosso, né giovane e né vecchio, è sicuramente il loro figlio, unico.
È lui che mi stringe la mano, è il primo a parlare “dottore, si ricorda, è stato lei a dirci della malattia, è andato tutto bene ma c’è la ferita che è rossa, siamo preoccupati, abbiamo chiesto di lei”
La memoria è corta, annuisco, fingendo, sorrido, sinceramente “ok, sono contento, vediamo sta pancia”
No, la ferita non è infetta, tutti e tre tirano un familiare sospiro di sollievo e, adesso, è il marinaio che prende la parola “allora, dottore, la medicazione può farla anche mia moglie, lei sa far tutto!” e lo dice sorridendo dal cuore e io “si, lo so, ho tre bambine, me lo ripetono tutti i giorni, la donna è più brava” ma lui esce subito dalla retorica “no, dottore, lei è davvero brava, siamo sposati da 52 anni, io senza di lei sarei morto” ma questo è un calcio di rigore della retorica, il tiro è facile “52 anni? Ma manco più in galera se ne fanno tanti, è ora di riprendersi la libertà!”
La palla esce fuori, oggi la retorica è bandita e con una lacrima che fa capolino dal suo viso anziano “dottore, abbiamo già deciso che chi muore prima, l’altro lo segue subito dopo, non sappiamo vivere l’uno senza l’altra, il suicidio non mi spaventa, non voglio restare senza di lei un minuto di più”.
Adesso è il figlio che si commuove e io ho uno strizzone all’anima ma non faccio in tempo a dire di meno che è sempre lui a parlare “dottore, io non sono un santo, non lo è manco mia moglie, abbiamo litigato spesso ma la famiglia è sacra”, e scandisce quest’ultima parola come a impartire un ordine ad una morale ormai vacua di valori. Gli strizzoni adesso sono due perché lui si lascia andare ai ricordi mai sopiti “me lo ha insegnato mia madre, è rimasta vedova a 36 anni, ha cresciuto me e due altri figli, lavorando mattina e sera, non c’ha fatto mancare mai nulla, il suo amore per la famiglia era totale” fa una pausa perché la voce deve riprendere fiato dall’emozione che gli sta bagnando il viso e “è morta appena tutti noi eravamo sistemati, come a dirci, adesso non avete più bisogno di me, posso andar via contenta”, mi stringe la mano che ne sento il suo dolore mai sopito.
Mancava l’infermiera all’appello delle lacrime, adesso, è Sold Out.
L’amore è un filo sottile che è teso tra due caratteri, umori ed egoismi mai uguali tra loro perché non è vero che la mela ha due metà uguali e crederci è buono solo a spiegare le tensioni giovani di una coppia e il più facile ed ipocrita degli addii prematuri.
Don Raffaello un giorno mi ha insegnato che “tutto quello che non funziona non si butta subito, si prova ad aggiustare” e mi mostró le sue scarpe “sono trent’anni che le indosso” perché anche a lui la retorica non piace.
L’amore è un filo robusto che attraversa tutta una vita, camminando senza paura del vuoto tra giornate di sole, a godersi l’orizzonte schiarito, e tra raffiche di vento che lo oscurano, facendolo oscillare paurosamente, svuotandolo, per un attimo o per sempre, di ogni certezza.
Saluto il marinaio e tutta la sua sacra famiglia, quasi come fa un soldato al passaggio di un generale che gli ha appena spiegato il suo piacere, in pace, e il suo dovere, in guerra e ne ha, e io ne ho reverenza sincera.
Oggi ho insegnato ad un vecchio capitano come si cura una ferita del corpo ma da lui ho imparato di più, è come fare per guarire quella dell’anima che, a volte, l’amore, senza più la ragione che ne è guida nella vita in tempesta, ammala, fino a spezzarne la corda.
Angelo Bianco