Novembre e il suo corollario legato al culto di coloro che più non sono
Il mese di Novembre è legato, nella tradizione popolare e non solo, al culto dei defunti. La concezione popolare, in specie quella meridionale, vive questo mese in una sorta di legame mai reciso con chi è trapassato. Si vive, quasi esorcizzando la morte, materializzando segnali veri o presunti che hanno, in definitiva, lo scopo di non lasciare andare.
Tra i vari sistemi di “comunicazione” c’è sicuramente il mondo dei sogni con i vari codici di interpretazione, che danno ai messaggi lasciati da chi non è più in vita significati diversi, a volte benevoli, altre meno. Da ragazzo, accompagnavamo nostra madre il giorno dei defunti a far visita ai cari estinti. Era un pellegrinaggio vero e proprio tra parenti, amici, conoscenti. Un due novembre degli anni ’70 successe un evento che scosse molto nostra madre: eravamo andati a far visita nel pomeriggio avanzato, dopo il pranzo, immancabilmente a base di fusilli e polpette, che, secondo la tradizione popolare, sarebbe giovato all’anima dei defunti.
Nei paesi albanesi, di rito ortodosso, c’è l’usanza di andare a consumare il pranzo sulla tomba del defunto cui quel pranzo è destinato, quasi in una sorta di legame diretto. L’ora tarda ci costrinse, quella volta, all’essenzialità e a limitare le visite ai parenti più stretti e un’amica d’infanzia di nostra madre, prematuramente scomparsa. Ci apprestammo ad uscire per non fare la fine descritta da Totò nelle nota poesia “’a livella”, dove il personaggio si ritrova chiuso e costretto a passare la notte in mezzo ai defunti. La mattina successiva nostra madre si alzò visibilmente scossa. le chiedemmo il motivo e la risposta fu incredibile.
Aveva sognato una zia paterna che era sepolta vicinissimo all’amica cui mamma aveva fatto visita. La zia, estremamente risentita, chiedeva il motivo del mancato omaggio. Alla fine della ramanzina, le lasciò un messaggio con indicazione perentoria di recersi dalla nuora per depositarlo. La voglia di dare seguito al messaggio ricevuto non era tanta ma fu, in buona sostanza, costretta . Il contenuto da recapitare e quanto avvenne in seguito mise a dura prova la nostra convinzione, già radicata allora, del nulla dopo la morte.
Il messaggio conteneva indicazioni precise su un libro di preghiere, nascosto in una cassapanca, all’interno del quale – con indicazione anche della pagina – aveva nascosto una certa somma e l’interessata non aveva avuto il tempo di confidarla ad alcuno, essendo morta improvvisamente. Entrati, col favore della nuora, nell’abitazione della zia, aperta la cassapanca, lo stupore e il tremore si fecero un tutt’uno. Nella pagina indicata c’era la somma precisa comunicata. L’episodio gravò talmente sull’assetto psicologico di nostra madre che, tutte le volte successive che andava al cimitero, la prima visita era per la zia, il resto dopo.
Nostra madre giurava di non essere a conoscenza di quel denaro prima del sogno, come d’altra parte non lo erano i più stretti e adiacenti familiari. In tempi recenti, quel tipo di legame, quasi fisico con l’aldilà si è affievolito, lasciando il posto a una maggiore interiorizzazione e con essa un minor peso dato al legame terreno di chi non c’è più. Questa metamorfosi ha condotto a una “corrispondenza di amorosi sensi” tutta intimistica e privata, che, a nostro modo di vedere, è assai più efficace e meno carica di componenti, il cui valore, tra suggestione, interpretazione, potere della mente, è assai difficile da interpretare.
Massimo Conocchia