Tagli

Nell’ultima manovra sono previsti tagli per 5.660 docenti e 2.174 personale amministrativo e tecnico nella scuola. La riduzione di investimenti tocca quindi anche alla scuola. La sforbiciata generalizzata e trasversale richiesta dal ministro dell’Economia e della Finanza Gian Carlo Giorgetti arriva anche per Scuola e Università e sottolinea che il governo non ha alcuna intenzione di investire nell’istruzione. La mannaia arriva anche per l’Università che in prospettiva sarà costretta a fermare le assunzioni dei ricercatori.

I tagli previsti evidenziano un ammanco del fondo di finanziamento per l’Università per il 2024 pari a 513 milioni di euro e la distanza finanziaria rispetto al 2023 sarà di almeno 800 milioni. Ogni università indice i propri consigli di amministrazione per scoprire che i tagli saranno più consistenti rispetto a quelli che appaiono dai furbi e retorici discorsi governativi. I 9,03 miliardi di euro da erogare quest’anno indicano una decrescita di 201 milioni rispetto ai 9,204 miliardi del 2023. Così non solo si arresta l’evoluzione del sistema universitario nazionale, ma si mette a rischio la sopravvivenza stessa dell’università statale italiana e intere generazioni di giovani ricercatori e ricercatrici saranno senza prospettive.

Dalla stampa si legge che oggi su 84 atenei statali 78 in rosso. Al Nord soffrono particolarmente la Statale di Milano e le Università di Trieste e Venezia Ca’ Foscari, quindi Brescia, Genova e Modena-Reggio. Al Sud sono guai per tutte, in particolare l’Università del Sannio, di Reggio Calabria e Palermo. Ciascuna ha messo a bilancio una frenata delle assunzioni previste a inizio anno. Tutto il sistema ha oggi forti problemi. Molte università dovranno comprimere il fondo interno per la ricerca e rallentare le assunzioni. Ci si aspettava un ammanco di duecento milioni rispetto al 2023 ma a questi si è aggiunto un ammanco di altri trecento milioni e, dato che i calcoli sono ancora in corso, l’ammanco continuerà. Si dovrà ulteriormente rallentare il turnover, la sostituzione cioè di chi va in pensione, sarà un rallentamento brusco e i piani di reclutamento triennale dovranno essere ridotti in corsa.

Tanti giovani ricercatori precari che aspettavano una stabilizzazione non potranno averla poiché i tagli alla fine riguarderanno sempre più il personale. Che cosa si vuole fare dell’università pubblica in questo Paese? Si rallenterà l’ingresso di nuove figure e sarà frenato l’arrivo di giovani ricercatori, un elemento che potrà portare all’aumento del fenomeno della “fuga dei cervelli”.

La Conferenza dei Rettori sta lavorando con il ministero delle Finanze per trovare spazi di sostenibilità finanziaria per università e ricerca. Si stanno cercando nuove soluzioni per superare una visione punitiva che mette un freno alle università. Sarà possibile? I rischi sono alti dato che molti componenti di questo governo, a partire dagli scranni più alti, non hanno un titolo universitario. Il disprezzo per la conoscenza e la libera cultura genera populismo, complottismo, razzismo e diseguaglianze. Se questo progetto si sta realizzando con molto successo.

Assunta Viteritti

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