A proposito di pensioni, maledetti Borbone?!

Ci è stato chiesto verbalmente di riscrivere sulle pensioni del periodo borbonico.

Già durante la dominazione dei napoleonidi si erano avute leggi del 19 novembre 1808, 4 gennaio, 20 dicembre 1810 e 4 agosto 1812, rifacentesi a quelle della Repubblica Napoletana del 1799, mentre interessante è quella del 3 maggio 1816, recante il n. 547, che si proponeva di “rendere uniforme la liquidazione de’ trattamenti di giubilazione e de’ soldi di ritiro degl’impiegati civili e militari dello Stato, e delle pensioni e sussidj delle loro vedove ed orfani”.

Dal 1° luglio si istituiva il Monte di vedove e di ritirati.

“Dopo venti anni ed un giorno, qualunque sia l’età dell’impiegato – si decretava -, avrà dritto ad una pensione di ritiro di giustizia eguale al terzo del suo soldo; Dopo venticinque anni ed un giorno, alla metà; Dopo trenta anni ed un giorno, a due terzi; Dopo trentacinque anni ed un giorno, a 5 sesti; Dopo quaranta anni ed un giorno, alla totalità”.

Si aveva diritto, cioè alla pensione pari all’ultimo stipendio percepito!

Le vedove “degl’impiegati civili e militari (…) quante volte la di loro vedovanza succeda dal 1° di luglio in poi, hanno dritto ad una pensione eguale alla sesta parte sul soldo de’ loro mariti, purché sieno morti dopo 20 anni ed un giorno di servizio con soldo (…) e la pensione avrà come sottintesa la condizione, durante lo stato vedovile, e col peso di mantenere i figli”.

I vent’anni di servizio erano dispensati per le vedove “i di cui mariti sieno morti per ferita ricevuta combattendo contro il nemico, o nell’esercizio della forza pubblica contro i malfattori”.

Si precisava, ancora: “Per liquidare la pensione di quelle vedove, i cui mariti saranno morti in pensione di ritiro, si prenderà per base quel soldo stesso su cui fu liquidata la pensione del defunto”.

Nel caso le vedove fossero passate a nuove nozze o decedute, la pensione era “distribuita a porzioni eguali fra i figli maschi e le femmine, a’ primi sino all’età di diciotto anni, ed alle seconde durante lo stato nubile: e maritandosi, sarà loro dal gran libro pagata, sopra uno stato di distribuzione straordinaria, un’annata della quota della pensione di cui si troveranno godendo, oltre le rate già maturate: e resterà indi estinta”.

Se l’impiegato lasciava figli dei quali ”la madre sia premorta, avranno lo stesso dritto che si è detto nel paragrafo precedente, quando la vedova passa a seconde nozze”.

Si continua nel precisare le varie situazioni.

Si stabiliva, inoltre che “nelle liquidazioni di ritiro de’ nostri Ambasciadori, Ministri plenipotenziari, Inviati straordinarj, Residenti ed Incaricati di affari nell’estero, e delle pensioni di vedovanza delle loro mogli, non potrà esser preso per base il loro soldo intero, ma ne sarà presa per base la sola terza parte, considerandosi le altre due terze parti come una specie d’indennità di rappresentanza.

Se alcuno impiegato per nostra special grazia si troverà godendo di due soldi, la pensione sarà liquidata sul soldo maggiore”.

Sarà interessante sapere che la trattenuta per la pensione era “del 2 e mezzo per cento”.

Per noi è un sogno quanto stabiliva l’art. 17: “Le pensioni dovendo essere considerate come puramente alimentarie, saranno esenti in ogni tempo e circostanza così dalla ritenzione del due e mezzo per cento, che da qualunque altra imposizione e ritenzione.

Saranno ancora esenti da sequestri ad istanza de’ creditori de’ pensionisti, purché il credito non abbia causa di pigione di casa o generi di vitto accredenzati”.

Le considerazioni su quanto riportato le lasciamo agli “amabili lettori”.

Giuseppe Abbruzzo

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