Sul parco eolico (seconda parte)

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Le lotte per contrastare l’occupazione dei territori da impianti energetici impattanti sono stati denominati con l’acronimo NIMBY (inglese per Not In My Back Yard, “Non nel mio cortile”), per indicare la protesta da parte di membri di una comunità locale contro la realizzazione di opere pubbliche con impatto rilevante (grandi vie di comunicazione, cave, aree industriali, termovalorizzatori, discariche, depositi di sostanze pericolose, centrali elettriche, parchi eolici e ancora…) ma che non si opporrebbero alla realizzazione di tali opere se fossero realizzate in un altro luogo per loro meno importante. L’opposizione da parte dei cittadini può essere motivata dal timore di effetti negativi per l’ambiente, di rischi per la salute o sicurezza degli abitanti o di una riduzione dello status della qualità del territorio.

Molti sostengono che è la mancanza di informazione ai cittadini la causa dell’opposizione incontrata dai progetti progetto. Se gli amministratori consultassero i cittadini preventivamente nel caso di interventi a grande impatto ambientale, probabilmente molte contestazioni verrebbero mitigate. Ma cosa fare quando si tratta di Multinazionali (private) che mettono in scacco anche gli amministratori locali? Come reazione al fenomeno è stato coniato l’acronimo PIMBY (Please In My Back Yard, “Prego nel mio cortile”) per indicare quei casi in cui una comunità viceversa richiede l’installazione sul suo territorio di opere di interesse pubblico.

Il PNRR per l’energia mette in palio risorse per privati, grandi privati, giganti, che usano le procedure del piano per agire in territori che hanno la loro storia, la loro forza e la loro tradizione. Il parco eolico “Acri”, sulla carta, ha un impatto notevole, il movimento di macchine, trasporti straordinari, terreni espropriati, enormi cantieri e pale altissime, un territorio che muterebbe la sua forma per sempre.

Cosa accadrebbe alla flora, alla fauna, alle aziende del territorio? Lo scorso mese di febbraio, la Conferenza dei Servizi aveva messo la parola fine alla realizzazione di un parco eolico in località Serra Crista, ad Acri. L’opera della Enel Green Power avrebbe potuto contare su 5 torri eoliche alte 200 metri cadauna ed una rete di elettrodotti per numerosi chilometri. La realizzazione del mega impianto aveva allora trovato il dissenso di alcune associazioni, comitati di cittadini e di parte dei consiglieri di opposizione, mentre l’amministrazione comunale si era esposta prima favorevolmente e poi criticamente al progetto. Chiusa una storia se ne è aperta un’altra.

Il 17 settembre scorso sono stati infatti pubblicati i documenti relativi proprio all’impianto eolico “Acri”. I documenti sono stati presentati al Ministero dell’Ambiente. Il progetto – in fase di valutazione -, leggo dalla stampa, prevede l’installazione di 23 aerogeneratori, ciascuno con una potenza unitaria di 4,5 MW: uno a Serra Crista, uno in contrada Pertina, due sulla strada per la statale SS660 e i rimanenti 19 nell’area della Sila Greca.

Già dopo le prime informazioni sono emerse contrarietà e polemiche da parte di comitati di cittadini, rappresentanti dell’opposizione e della maggioranza. Molti i cittadini preoccupati e allarmati per aver saputo di essere stati inseriti in un elenco di persone che subiranno la procedura di esproprio dei loro terreni e fabbricati.

La preoccupazione è aumentata nella notte tra il 24 e il 25 settembre quando sono stati trasportati in un’area della Sila Greca alcuni componenti di un impianto minieolico da 1 MW, realizzato su richiesta di un privato, che sarà istallato in zona Sila Greca. Siamo nella Sila Greca e non nel parco eolico del nord della Norvegia ma i temi sono gli stessi. Al posto delle renne ci sono i lupi e gli indigeni siamo noi. Auspico che di questi temi si parli e molto nelle scuole, nelle famiglie, nelle assemblee, bisogna parlarne e parlarne e parlarne

Assunta Viteritti

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