La legge 194 e le accuse del Papa ai medici
Recentemente il Pontefice ha definito i medici che praticano l’interruzione volontaria di gravidanza dei sicari.
Si è trattato di un’affermazione che ha lasciato stupiti i più. Come succede quando si
lancia una pietra in uno stagno, analogamente, le parole del Santo Padre hanno finito per avere un riverbero eccezionale e dividere l’opinione pubblica tra fautori e contrari.
Al di là della posizione rispettabilissima di ognuno, riteniamo la legge 194 una buona legge, frutto di anni di lotte da parte soprattutto delle donne che rivendicavano e rivendicano il diritto ad una maternità consapevole.
Le legge è, oltretutto, rispettosa delle posizioni di ognuno e, oltre a garantire l’obiezione di coscienza, garantisce alla donna una serie di strumenti di tutela, compreso il diritto a non riconoscere il figlio una volta dato alla luce. Siamo abbastanza grandi da ricordare come stessero le cose prima del 1978, quando l’aborto veniva praticato clandestinamente da chi non aveva i mezzi per andarlo a fare in
Svizzera e doveva affidarsi a mammane a volte pasticcione e poco pronte a gestire eventuali complicanze.
Un legge moderna, dunque, che è il frutto di lotte e che va preservata. Analogamente a come si rispetta chi la pensa diversamente – con il diritto all’obiezione – i medici, sempre meno numerosi, che lo praticano non vanno presentati come assassini né vanno costretti a fare scelte dettate magari dalla fede o da altro.
Criminalizzare chi fa il proprio dovere, garantendo il rispetto di una legge dello Stato
e il diritto di accesso alle donne che non vogliono portare aventi una gravidanza, lo riteniamo un’intrusione impropria.
Così come rispettiamo chi obietta, analogamente dobbiamo rispetto a chi con il suo operato garantisce l’operatività di una legge. Viviamo tempi in cui il revisionismo la fa da padrone e i tentativi di riportare indietro le lancette sono non pochi. Quando si cerca di far recedere da un diritto a soffrirne sono soprattutto i più deboli, coloro che, senza una legge, non potrebbero vedere garantito un diritto. Fino a poco tempo addietro la posizione della Chiesa era contraria financo ai metodi anticoncezionali. In tempi recenti si è assistito a un cambio di paradigma su questo fronte e questo lascia ben sperare.
Non resta ora che attendere un momento di riflessione maggiore da parte delle
gerarchie ecclesiastiche, a cominciare dalla CEI, che faccia chiarezza, nel rispetto della posizione della Chiesa e dei cattolici ma anche, riteniamo, con profondo rispetto per le donne che, in maniera sofferta decidono di non portare avanti una maternità e per i medici che, ben lungi dall’essere dei “sicari” garantiscono un servizio previsto dalla legge.
Massimo Conocchia