Pino Sposato, se ne va un visionario
Se è vero che la cifra di un uomo si legge in quel che lascia al suo passaggio, le reazioni alla notizia della scomparsa di Pino Sposato è la cartina al tornasole di una vita vissuta sempre in prima linea.
L’esistenza di un uomo è un coacervo di virtù e vizi e in Pino Sposato le prime fanno ampiamente premio sui secondi.
L’infallibilità è una prerogativa di Dio e degli imbecilli e ricordarlo in un panegirico non sarebbe un servizio fatto alla memoria di un uomo che proprio dagli errori commessi ha tratto linfa vitale per i suoi successi.
Chi lo ha conosciuto, oggi piange una figura la cui scomparsa lascia tutti un po’ più poveri. La sua scia profuma di bucato e l’olfatto non mente.
Il tratto che emerge nel ricordarlo è la sua generosità. Intendiamoci: te la dovevi meritare, ma sapeva essere una persona straordinariamente munifica.
Da imprenditore di successo, nel corso dei decenni con le sue aziende ha dato lavoro a tanti e a tante famiglie. “Don Peppe”, come lo chiamano ancora i suoi dipendenti, non si è mai tirato indietro quando c’era da affrontare i problemi dell’autista che aveva un parente in difficoltà, del meccanico che doveva affrontare spese impreviste o un’assenza più lunga del previsto degli impiegati negli uffici.
Alle esequie erano tutti con gli occhi lucidi di chi sa di aver perso un’autentica stella polare.
L’imprenditore si è affermato in una zona come la Sibaritide, ricca sì, ma anche dalle indicibili difficoltà ambientali. Oggi i colleghi della stampa lo ricordano giustamente come l’uomo che disse di no al pizzo, subendone le conseguenze e le fiamme appiccate in suo cantiere, ma di quella scelta non si è mai pentito.
Tra le sue fattezze ce n’è poi una che è probabilmente tra le cause decisive del suo successo professionale: l’ambizione.
Avendo impalmato la sua adorata nipote, ho avuto il privilegio di una prospettiva che mi ha permesso di cogliere questo aspetto della sua personalità.
“Sono curioso come una scimmia” amava ripetere e non c’era un traguardo che lo intrigasse impossibile da raggiungere.
Se c’era qualcosa che solleticasse il suo interesse andava provato, costi quel che costi. E questo ha migliorato non solo l’attività delle sue aziende, ma anche la vita di chi lo circondava. Porsi traguardi sempre più ambiziosi ha permesso a una piccola comunità di crescere e apprendere che oltre l’uscio di casa esiste un mondo.
Questo tuttavia non gli impediva di riconoscere il senso del limite, altro aspetto dell’imprenditore affermato. I voli pindarici sono pericolosi e un eccesso di ambizione può sconfinare nel velleitarismo.
C’era poi il cordone ombelicale che, nonostante avesse deciso di vivere a Trebisacce, non ha mai reciso con Acri. Qui è nato e cresciuto e qui aveva affetti cari e amici di lunga data. Con i suoi investimenti, negli anni ha contribuito anche alla crescita economica della sua terra.
Acquistava anche un semplice barattolo di vernice qui da noi, nonostante le sue aziende rifornissero magazzini provvisti di tutto tra Corigliano, Rossano, Villapiana, Trebisacce e in tutta la Sibaritide.
Viveva al mare, ma adorava la montagna e in Sila ci sono alcuni dei ricordi più belli che mi legano a lui. Il Covid mi ha impedito di raggiungerlo la scorsa estate, ma tra quei pini tra un tressette e un bicchiere di grappa conservo belle e indelebili immagini.
Un uomo così non poteva che essere impegnato in prima linea nel sociale, attivissimo nel mondo dell’associazionismo, non solo trebisaccese, ma anche e soprattutto acrese.
Una quota significativa della sua popolarità la deve a questo suo protagonismo nella comunità.
La scomparsa di una persona amata porta con sé un dolore acuto e persistente, ma una vita vissuta in modo siffatto rende più caro il ricordo da custodire in una teca e posizionarlo nei recessi più profondi dell’anima. Ed è davvero una consolazione non da poco.
Piero Cirino