Autonomia differenziata: la posizione della Chiesa e l’imbarazzo della destra
La recente presa di posizione della CEI, per bocca del loro presidente prima – Mons. Matteo Maria Zuppi – e del Vice Presidente dopo– il Vescovo di Cassano Mons Francesco Savino – , hanno interrotto il torpore di questa torrida estate come una tempesta inattesa. La presa di posizione del mondo cattolico contro la legge Calderoli è chiara e netta ed ha talmente spiazzato il governo al punto tale che, ad oggi, non c’è stata alcuna replica o reazione ufficiale a queste prese di posizione. “Abbiamo fatto un documento ufficiale, quello che dovevamo dire lo abbiamo detto, si vede che non ci hanno preso sul serio, che dobbiamo fare?”. Con queste parole, il presidente della CEI si è espresso sulla legge appena approvata che, prosegue il documento diffuso dai Vescovi italiani, “rischia di minare le basi di quel vincolo di solidarietà tra le diverse Regioni, che è presidio al principio di unità della Repubblica”.
Altrettanto, se non più dure, sono state le parole di Mons. Savino: “Il Sud – ha dichiarato in un’intervista del 27.08.2024 – ha capito che la riforma è un cavallo di Troia per creare due Italie: una prospera, l’altra abbandonata a se stessa”.
“Le poche risorse – continua il vice presidente della CEI -, e l’arbitrarietà con cui saranno assegnate, innescheranno gelosie e quindi conflittualità. Il fatto che non si è voluto fissare il criterio di determinazione dei Lep non lascia immaginare nulla di buono”.
Analoghe prese di posizione delle gerarchie cattoliche si sono registrate, con altrettanta chiarezza, su altre questioni che stanno in qualche maniera qualificando l’azione di questo governo: ci riferiamo alla politica sull’immigrazione e alla distruzione delle misure di welfare a sostegno dei più deboli che l’attuale governo aveva trovato e che ha smantellato.
Ora, la presa di posizione della Chiesa è da sottolineare per la portata che riveste. Una cosa è la contrarietà dell’opposizione, per una volta unita nel chiedere e ottenere un referendum, altra e ben diversa cosa è la contrarietà di un’istituzione che non si può certo tirare per la giacca né liquidare come scaramuccia politica. Pensare a un complotto – termine molto caro all’attuale maggioranza – che investa il PD e la Chiesa per distruggere le poche e terribili misure caratterizzanti del governo non sarebbe solo poco credibile ma ridicolo. Da qui l’imbarazzo del governo e la mancanza di reazioni, nella speranza che questo falò estivo venga presto dimenticato.
E qui sta un enorme errore di sottovalutazione di Giorgia Meloni. Pensiamo al potere enorme di un sacerdote che, ogni domenica, ricorda ai fedeli l’importanza di mantenere un assetto unitario e solidale in settori cruciali, pena il venir meno non solo dell’unità nazionale ma del concetto, non meno importante, di solidarietà e sussidiarietà. Registrare una presa di pozione coì dura e netta da parte della Chiesa è un preludio a un’opposizione, che va al di là delle scaramucce politiche e i cattolici di destra (quota maggioritaria) si troveranno a dover scegliere tra la propria coscienza e la propria fede e le appartenenze politiche.
Oltretutto, la posizione della Chiesa si inserisce in un terreno assai fecondo e favorevole, che ha permesso in pochissimo tempo, per lo più d’estate, di superare la quota delle 500.000 firme per proporre il referendum. Tutto questo fraà sì che anche una quota non secondaria di cittadini del Nord – quelli che dovrebbero contrastare la prevista valanga di voto pro abrogazione del Sud – o non andranno a votare o sceglieranno secondo coscienza. Un’ennesima questione spinosa per una maggioranza che ha, dall’inizio, scelto lo scontro e il carro armato per portare avanti pochi e divisivi provvedimenti.
Le parole di Mons. Zuppi e Mons. Savino, per la loro portata e per l’importanza e equidistanza di chi le ha pronunciate, incideranno – siamo convinti – in maniera notevole su una battaglia che rischia di vedere scardinata una delle poche misure caratterizzanti degli attuali inquilini di Palazzo Chigi. Analogo destino toccherà a provvedimenti come il premierato, su cui il la Chiesa ha cominciato ad esprimersi.
Insomma, se i provvedimenti principali che definiranno l’agire stesso del governo, dovessero venire scardinati sotto l’azione del voto popolare, quello stesso a cui Giorgia Meloni si richiama quotidianamente, potrebbe avere effetti dirompenti e imprevedibili sulla tenuta di una maggioranza che già comincia a manifestare delle evidenti crepe. Ora la palla passerà nelle mani dei cittadini, che avranno, specie quelli meridionali, una responsabilità enorme nel definire il loro futuro, per lo meno in temini di servizi e assistenza.
Massimo Conocchia