Da “la freccia del sud” al frecciarossa: come è cambiato il trasporto ferroviario in Italia
I disagi di questi giorni sulla linea dell’alta velocità Napoli-Roma hanno creato, comprensibilmente, scompiglio e proteste per i ritardi che sono arrivati fino a quattro ore.
L’evento ci ha fatto ritornare alla mente come era il trasporto ferroviario quarant’anni fa. Raggiungere Siena da Acri-un percorso di 720 km-richiedeva fino a 16 ore e ben tre cambi di treni. Dopo un viaggio in pullman fino a Castiglione cosentino, Si prendeva una lettorina a nafta che collegava Castiglione con Paola.
La tratta che oggi si percorre in circa 15 minuti, richiedeva un’ora e 30 e fermate in tantissimi piccoli paesini tra cui San Filo, San Lucido. Giunti a Paola, bisognava attendere “la freccia del sud“, che collegava Palermo con Milano. Il treno arrivava immancabilmente con notevole ritardo e le speranze di trovare un posto erano quasi sempre vane. Ci ritenevamo fortunati quando si riusciva a rimediare un posto in corridoio su uno strapuntino, non infrequentemente toccava sedersi sulla valigia nel corridoio con un costante viavai di viaggiatori.
Giunti a Chiusi-Chianciano, bisognava prendere un’altra lettorina per raggiungere Siena in circa un’ora e 30. Al netto di ulteriori ritardi, il tutto si concludeva in un periodo dalle 15 alle 18 ore. Le ragioni di questo stato di cose erano molteplici, la ferrovia, specie quella del Sud, aveva subito degli ammodernamenti parziali e incompleti rispetto al Nord. L’alta velocità non esisteva.
Il treno era, oltretutto, uno strumento di trasporto di massa molto più utilizzato rispetto ai giorni nostri, vuoi per il minor uso della macchina, vuoi perché, quando esisteva la compagnia di bandiera, i prezzi degli aerei erano inaccessibili ai più. Si aggiunga che le università del sud erano numericamente inferiori a quelle di oggi. Il tutto si traduceva in una moltitudine di persone che si spostavano con l’unico mezzo accessibile ai tempi. Oggi, sebbene in maniera strabica e difforme, l’alta velocità è una realtà diffusa perlomeno fino a Napoli, in maniera meno completa nel resto del sud. Ci riesce difficile dire ai nostri tempi, perché parliamo di un intervallo temporale addirittura inferiore al mezzo secolo, eppure la situazione era tale che i disagi di oggi ci sembrano bazzecole.
Non vogliamo d’altro canto a metterla sul tragico, le nostre generazioni non avevano fatto la guerra né erano costrette ad emigrare per lavoro, la maggior parte dei giovani che usciva dalla Calabria lo faceva per migliorare le proprie prospettive personali e professionali. L’esempio di come si siano evoluti i trasporti, tuttavia, denota un Paese che ha fatto molta strada per ancorarsi all’Europa.
In pochi decenni il Paese ha visto stravolta positivamente la sua viabilità. L’aereo, grazie all’avvento delle compagnie low cost, è diventato uno strumento spesso più competitivo rispetto allo stesso treno. L’amarezza è constatare che in Calabria, strade, autostrade e ferrovie registrano un divario enorme con la situazione del Nord. Anche in questo paghiamo uno scotto.
Il ministro Salvini si preoccupa del ponte sullo stretto ignorando che il vero nodo da sciogliere per raggiungere velocemente la Sicilia non è lo stretto, ma la Salerno Reggio, che, dai tempi di Mancini , è rimasta sostanzialmente la stessa e i tentativi di miglioramento l’hanno definitivamente affossata, con una miriade di cantieri permanenti che ne riducono costantemente il numero delle corsie, riducendoli a lunghe mono corsie. C’è da meditare e non poco su come ancora oggi veniamo trattati.
Massimo Conocchia