L’acqua incantata

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Ai tempi nostri nessuno ricorda o ricorre all’acqua incantata, diviene difficile, anzi, capirne il significato e l’importanza che le davano gli antenati.

Risulta così difficile capire quanto Padula riporta a proposito di un furto di animali e il ricorso a zio Pietro che, usando il metodo dell’acqua incantata vede e indica i responsabili del reato.

Detto questo diamo delle notizie su alcune pratiche messe in atto nell’antichità, usando i poteri dell’acqua.

Varrone scrive che l’idromanzia fu inventata dai Persiani.

Il modo di quest’arte divinatoria si presentava in diverse specie.

Si riteneva che, con particolari invocazioni, con riti magici si potessero vedere scritti sull’acqua i nomi di chi si desiderava conoscere. Quei nomi, però, si trovavano scritti al rovescio.

Viene da chiedersi: – Zio Pietro sapeva leggere? -.

C’era chi poneva un anello sospeso su un vaso d’acqua e si cercava il responso battendo, un numero di volte stabilito, sulle pareti del vaso. A questi vanno uniti metodi diversi.

Il citato Varrone riporta che, servendosi del calore dell’acqua, a Roma fu predetto l’esito della guerra contro Mitridate, il famoso re del Ponto, che assumeva una dose di veleno giornaliera, per evitare che i nemici lo avvelenassero.

Curioso era l’impiego dell’idromanzia presso i Germani. Non sappiamo come si procedesse, ma sappiamo, di certo, che erano convinti di poter appurare i sospetti sull’infedeltà delle mogli.

La pratica aveva un risvolto cruento. I suddetti gettavano nel Reno i bambini, che quelle partorivano: se galleggiavano, si consideravano figli legittimi, se andavano a fondo, si ritenevano bastardi.

Il modo più in uso in Italia, nei tempi andati, non sappiamo se fosse uguale o simile soltanto a quello di zio Pietro. Se delle persone destavano sospetto, come autori di furto, si scriveva il loro nome su un numero corrispondente di pietruzze. Queste, poi, si gettavano nell’acqua da parte dell’idromante, che sapeva come leggere il risultato per condannare o assolvere i sospettati.

C’era chi faceva gran guadagni sfruttando la credulità della gente.

L’acqua incantata si riteneva capace di guarire le ferite. Ecco perché fra i Maomettani si stabilì che nel mese di ramazan (che è la quaresima dei Turchi), il furbo sultano faceva uscire la roba del profeta custodita in una cassa di oro. Dopo averla baciata, la immergeva in un gran vaso d’acqua. L’acqua che usciva dal vestito veniva strizzata.

Quest’acqua si riteneva avesse poteri magici ed era venduta a peso d’oro ai notabili dell’impero.

Come dire: una truffa di Stato.

La “cavalcata”, sia pure veloce, su questo campo deve far vedere come si giocasse, un tempo, sulla credulità della gente.

Ai tempi nostri questa credulità nei poteri della magia non esiste.

O c’è chi crede ancora e viene preso per i fondelli?

Le cronache confermano che nulla è cambiato.

Allora c’è da meditare, e non poco, su quanto riportato.

Giuseppe Abbruzzo

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