Pensieri sparsi di un piovoso mattino primaverile
E’ metà maggio con un clima autunnale, che ingrigisce il cielo padano: non “uno straccio bagnato di celeste” come dice Guccini a proposito della Florida, ma un grigio con qualche macchia di azzurro verso le Alpi svizzere, che lasciano sperare in una tregua che permetta alla primavera di avanzare con più decisione, nell’attesa dell’estate che porterà con il caldo la consueta umidità e le immancabili zanzare.
Questo pensiero rende meno tetro il quadro odierno e più facilmente
tollerabile. In questa grigia mattina, è curioso osservare i volti di chi sta nel traffico, ancora assonnato, che tentenna all’arrivo del verde, mentre i ciclisti si affrettano nel timore concreto che arrivi l’acquazzone.
Mentre osservavano questo micro sipario, fantasticando posti caldi e solari dove trascorrere le vacanze, osserviamo a circa un centinaio di metri di noi, un anziano signore in attesa al semaforo che scattasse il verde per i pedoni, che va giù come una pera.
Scatta il verde, alcuni astanti si affrettano ad attraversare, non sappiamo
se incuranti o ignari. Il signore cercava di rialzarsi con difficoltà. Per fortuna nulla di grave.
Prima che arrivassimo, si rimette in piedi. Il verde non c’era più e si teneva saldamente al palo del semaforo. Arriviamo facendo finta di nulla e chiediamo se avesse bisogno di nulla.
Ci ringrazia e dice di essere a posto. Non fa nessun cenno all’accaduto e noi altrettanto. Accenna al tempo, all’umidità, ai dolori. Ciò che ci colpì non fu tanto il fatto che non ricevette aiuto ma quello di non farne alcun cenno, ritenendo ciò a cui avevamo assistito da lontano come un fatto evidentemente normale. Qui i nostri
pensieri, da sciolti si concatenano e diventano ruminanti sull’accaduto: era più grave l’assoluta indifferenza dei passanti o il fatto che la “vittima” lo ritenesse “normale”? In entrambe le accezioni, siamo di fronte a un modo di vedere il mondo che ci
allarma.
Siamo indifferenti non solo di fronte alle brutture del mondo ma anche verso ciò che ci accade attorno e ci stiamo abituando alla freddezza e al cinismo al punto da ritenerlo ovvio. Guccini continuava a perseguitarci con i suoi pensieri e le sue canzoni. Vedendo quel vecchio che faticosamente si incamminava all’arrivo del verde, ci venne in mente un altro testo bello e “terribile” del cantautore
emiliano, “Il pensionato”: “osservo e non capisco e tutto intorno mi
stupisce.
La vita com’è fatta e come uno la gestisce, i mille modi e i
tempi, poi le possibilità, le scelte, i cambiamenti, il fato, le necessità” e “piano piano andrà via dalle nostre menti piene; soltanto un impressione, che ricorderemo appena..”. Il ruminare ideologico proseguì per tutto il giorno, rendendoci pensoso e triste. Per fortuna all’uscita c’era un cielo terso.
Il sole splende ancora, domani è un altro giorno e chi sa che non ci imbattiamo in qualche scena positiva che ci faccia riprendere fiducia sul fatto che il genere umano ha ancora un chance. Ma si, in fondo, l’uomo è figlio di Dio, creato a
sua immagine e somiglianza, forse…
Massimo Conocchia