Si credeva a proposito della vipera
Le credenze popolari erano e sono, spesso curiose, fantasiose, ricche di poesia. Ma sono vere?
È questo l’interrogativo, al quale si cercherà di rispondere per una di esse.
Nella credenza popolare era ingenerata l’idea che la vipera, unica velenosa fra i serpenti nostrani, per partorire fosse costretta a squarciarsi il ventre. Non potendolo farlo naturalmente si sosteneva che fosse costretta a ricorrere al rovaio entro cui si nascondeva.
La vipera, però va precisato, mette alla luce i figli come tutti gli altri serpenti, con una differenza: mentre quest’ultimi sono ovipari, quella è ovo-vivipara, cioè partorisce i cosiddetti novelli, dopo che sono già usciti dalle uova nel suo ventre.
La credenza riportata è vecchia e non è ritenuta vera dal solo popolo.
Fra Simone da Cascia, infatti, S. Gregorio Magno e altri la riportano nei loro scritti.
Giuseppe Gené, che si è preoccupato di dare spiegazione scientifica e sfatare le diverse credenze relative ad animali, a proposito, dell’origine della credenza, scrive: “non crediamo di andar errati ripetendola dalla etimologia che per più secoli si volle dare al nome stesso di codesto serpente. Lo si credette composto delle radici latine vi e pario (partorisco per forza), mentre non è che la contrazione del vocabolo vivipara”.
Altra credenza è che se tagli il capo alla vipera è certo che muoia, mentre vive se le tagli altra parte del corpo.
La credenza è generalizzata per tutti i serpenti, come si vede dal detto: – Ll’è minàr’ alla capa cum’ ‘i cursuni! (Devi dargli botte in testa come si fa per i serpenti).
Ecco cosa scrive per i serpenti, fra l’altro, il ben noto ser Brunetto Latini nel suo Il tesoro, che riportiamo nella traduzione di Bono Giamboni: “quando elli vanno a bere, elli lasciano il veneno in alcuno luogo sicuro; e la sua bocca è piccola, e han la vita nel capo; ché s’elli è riciso, e rimanga pure due dita, non more, e per ciò mette tutto il suo corpo in difesa del capo, e per la grande guardia ch’egli fa del capo, non vede guari bene. E non ha gli occhi nel capo, anzi gli ha dallato dalli orecchi, e non vede guari bene dinanzi, ma vede ben traverso, e se è ferito tra ‘l capo e ‘l collo non può andare se non poco, e s’egli mangia di corpo d’uomo a digiuno si more, e nascono due uova. E poi che le serpi hanno fatte le uova, sì le covano sotterra, e nascono di quelle uova sì come gli uccelli”.
Abbiamo riportato questa vecchia traduzione, come si vede dalla “forma”, non per amore di citazione, ma per evidenziare come la credenza che si riporta sia vecchia e sia ripresa non solo dal popolo, ma da autori antichi.
Si crede, ancora, che la vipera abbia il potere d’incantare le sue prede.
Sulle credenze, spesso generate non dalla fantasia popolare, ma, spesso dalle conoscenze proprio di autori antichi, se ne dicono tante e fra queste quelle che abbiamo riportato.
Per finire, l’innamorato, nel cantare della perfida ragazza, che l’aveva lasciato o l’aveva tradito così le cantava: serpa, tieni velènu a nugne denti! (serpe, hai veleno in ogni dente!).
Il serpente, si dirà, non è velenoso!
Questo è vero, e l’innamorato lo sapeva benissimo, ma, a volte, il popolo denominava serpe, impropriamente, anche la vipera.
Giuseppe Abbruzzo