A breve uscirà il nuovo lavoro storiografico di Giuseppe Abbruzzo “Il patrimonio Sanseverino venduto a lume di candela” ( 1603 – 1614 )

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Sarà a breve in edicola e on line un interessantissimo lavoro storiografico di Giuseppe Abbruzzo, frutto del suo incessante lavoro di ricerca di documenti di prima mano.

Il libro descrive, e dimostra, partendo dall’esame minuzioso e rispettoso di un documento inedito,  la progressiva dissoluzione, nell’arco di un decennio, di uno dei patrimoni più grossi dell’Italia meridionale. Il libro si legge velocemente e con estremo interesse per le notizie inedite e in buona parte sconosciute su una delle famiglie che ha influito maggiormente nella storia travagliata del sud Italia. Abbruzzo, com’è noto, è sempre stato nemico giurato del “copia e incolla”.

In tutti i suoi lavori, il comune denominatore è stata la ricerca di fonti inedite e l’analisi delle stesse. Quest’ultimo lavoro ci ha colpito per avere ricostruito con rigore storico e rara perizia le vicende che hanno portato alla nota dissoluzione della famiglia dei principi Sanseverino di Bisignano. Il libro ridà anche dignità e giustizia ad una figura vista, all’epoca dei fatti e fino ai giorni nostri, come uno scialacquatore. Ci riferiamo al principe Niccolò Bernardino, cui per comodità era stata attribuita la responsabilità della dissoluzione di un patrimonio ingente.

I possedimenti dei Sanseverino si estendevano non solo in Calabria ma in buona parte della Basilicata. Si trattava di una famiglia potente che opportunità politica e invidia da parte del viceré di Napoli, Don Pedro de Toledo, hanno fatto sì che venisse fortemente ridimensionata. I Sanseverino erano stati storici alleati degli Angioini. Per citare l’importanza e la considerazione dovuta a questa famiglia, basti pensare che Carlo V, di ritorno da una crociata contro i turchi, viene ospitato in uno dei castelli dei Sanseverino,  precisamente in quello di Cantinella di Corigliano.

L’importanza e il potere acquisito negli anni dai Sanseverino  doveva essere stroncata. Abbruzzo dimostra che la progressiva dissoluzione di un patrimonio, venduto a lume di candela e con dinamiche poco chiare, è proseguita ben oltre la morte di Nicolò Bernardino, avvenuta nel 1806. Il libro ricostruisce e cita anche le vicende private di Nicolò Bernardino, che sposò la figlia del duca di Montefeltro di Urbino, di otto anni più giovane di lui. Una vita privata e affettiva per certi versi degna di uno dei migliori romanzi d’appendice.

Emissari inviati dal suocero dimostrarono certamente che le uscite finanziarie del casato superavano le entrate ma questo non giustifica ne da ragione di come la dissoluzione sia proseguita anche negli anni successivi e, ripetiamo,  con dinamiche poco chiare. Abbruzzo riporta fedelmente il documento, con un sunto e con delle note ampiamente espositive che danno ragione alla sua tesi, ossia il fatto che bisognasse eliminare una famiglia o perlomeno ridimensionarla. A proposito del ruolo di questa famiglia,  basti citare che la famosa congiura dei baroni, ordita contro il re di Napoli, avvenne proprio in uno dei possedimenti dei Sanseverino, precisamente in quella di Miglianico in Basilicata.

Il potere progressivamente crescente, il ruolo attivo giocato da questa famiglia in alcune vicende storico-politiche, creò le premesse perché si rendesse opportuna la sua progressiva dissoluzione, perlomeno in termini di potenza economico-politica. La domanda che attraversa il lettore, che legge senza fiato queste vicende, è se, in assenza di congiure di palazzo, la permanenza del potere di questa famiglia avrebbe potuto garantire al sud, e particolarmente alle nostre realtà, un diverso destino. Ma Abbruzzo col suo rigore insegna che con i se e con  i ma non si fa la storia. L’augurio è che la passione, l’impegno e il rigore di questo grande intellettuale e storico possano trovare in futuro qualche emulatore .

Massimo Conocchia

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