Castigat ridendo mores

Dopo l’Unità d’Italia sorsero giornali umoristici, che cercavano di correggere i costumi ridendo. Ci ha colpito l’umorismo di La nuova frusta, che si pubblicava a Roma nel 1875, attirati da un lungo articolo apparso in prima pagina: Il governo modello. Vi si fa una satira mordace, cedendo la parola a parlamentari, che dimostrano come tutto era già “italiano”. La Storia si fa anche, cogliendo sarcasmo, ironia, ossia il “pepe”, che non guasta. Cediamo all’anonimo autore:

“Il Governo de’ Borboni di Napoli era la negazione di Dio. Il governo pontificio una immorale tirannia. Il governo del Granduca, quello dei Duchi, e degli Austriaci, a Firenze, a Parma, a Modena, a Milano e Venezia, erano orrrrrori. Potete mettere gli R a vostro piacimento. Sotto l’incubo di questi governi, il buon popolo italiano, che vale sempre popolo minchione, avea le tasche piene di quegli immoralissimi metalli che si chiamano oro ed argento: teneva a vile il rame, che serviva esclusivamente a farne casseruole, pentole o marmitte, tutti utensili oggidi inutili e fuori d’uso, non conosceva i tesori inesauribili della carta; non avea molta amicizia e confidenza con gli agenti delle tasse; prediligeva la minestra di riso piuttostochè quella di strozza-preti: e sarebbe stato capace di pigliare a pomidorate Salvatore Morelli con tutto lo sciame delle sue novecentomila generose. Tutto ciò era effetto ripeto dell’ignoranza, della immoralità, della tirannia, su cui poggiavano que’ barbari governi”.

Dopo l’eloquentissima premessa, nella quale si danno sonore stoccate, si presenta lo stato d’animo di chi viveva in un “mondo”, che era l’esatto contrario di quello promesso. È proprio vero l’adagio popolare: ‘Un crìdar’ a sùonnu! (Non credere al sogno!). “Fortunatamente, come il diavolo volle vennero i tarappatà del 1859 e del 1860, e il buon popolo italiano vuotò (le tasche) pagò, bestemmiò, s’ incartò s’ imMorellizzò, e venne ciurmato sovrano. L’ordine morale era istaurato.

Era surto come un bel fungo parassita, il modello, il tipo, il migliore dei governi, che si fossero mai veduti sotto la cappa del sole. Il governo italianissimo. Cavatevi il cappello e anche le ciabatte se volete. La moralità, la civiltà, l’onesta, la fraternità, la libertà, la giustizia (mettiamoci anche l’accento) furono il debole di questo governo modello. Magistrati impecerrimi (sic) e giustizieri; burocrazia famosa, ministri aquile; tasse… eh via… soltanto le tasse un po’ discrete, in proporzione colla dignità sovrana del popolo contribuente. Solo un governo tiranno fa pagar poco al popolo perché lo tiene in conto di pitocco”.

Allora era il popolo e solo il popolo che pagava le tasse e come le pagava! Ovviamente si rimpiangevano i governi tiranni, per quanto il giornalista ha predetto. Ed ecco un’ennesima stoccata:

“Si dice che i governi di Nerone, di Caligola, di Tiberio, e quelli dei mandarini della Cina e dei Taicun del Giappone, (nespole a chi dico io) sieno i migliori governi dopo il governo italiano. Ma a noi questi paragoni non importano un fico. A noi preme constatare che il governo italiano è l’ordine morale personificato. Il governo più pulito che mente d’uomo abbia mai potuto immaginare. Se permettete lascio seguitare l’articolo a qualche mio collaboratore perché mi coglie l’emicrania. Signor Crispi a lei”.

Qui incominciano le dimostrazioni di come quanto evidenziato sia messo in atto o sia verificato, dimostrando come tra il dire e il fare non vi sia di mezzo il mare, ma l’oceano.

Crispi (Deputato al Ciarlamento per elezione pubblica, e collaboratore della Nuova Frusta per elezione propria o privata). (Seduta del 10 giugno). In Sicilia prima del 1860 non si conosceva il brigantaggio: – noi parlavamo del brigantaggio della Calabria e della Basilicata come d’un mito – come di una leggenda: – Noi in Sicilia non abbiamo libertà – abbiamo la libertà dei giornali, – ma quella vera libertà, senza cui non è possibile né prosperità, né progresso, noi non l’abbiamo avuta in quindici anni, e l’aspettiamo ancora. Al tempo del governo borbonico la procedura contro i cittadini era più liberale che sotto il Governo italiano”.

Il giornalista, indignato, sbotta: “Onorevole Crispi! Perda la parola. Non posso permettere che dica di simili insolenze. Parli il collaboratore Colonna di Cesarò”.

A evitare di seccare chi legge ci fermiamo qui, perché ce n’è abbastanza.

Giuseppe Abbruzzo

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