Il popolo che scende in piazza esercita il più grande dei suoi diritti
Con gioia e soddisfazione abbiamo visto le immagini della grande partecipazione popolare di questi giorni, per le strade della nostra città , per manifestare contro i tagli alla sanità. Abramo Lincoln definiva la democrazia “governo del popolo, dal popolo, per il popolo”.
Viene da chiedersi se nelle nostre moderne democrazie le cose stiano veramente così. La risposta, in realtà , è pleonastica. Nel nostro attuale sistema il popolo fa in realtà da comparsa in una democrazia recitativa: interviene solo al momento del voto.
Vedere quelle strade e quelle piazze stracolme di gente ci ha fatto ritornare in mente gli anni dinamici della seconda metà degli anni 70, quando si scendeva in piazza per un’infinità di motivi, dai diritti da acquisire a quelli da difendere. Chi ha la nostra età ricorderà le lunghe battaglie per l’aborto e prima ancora per il divorzio. Ma la nostra mente ritorna a quello che era Acri in quel periodo, alla marea umana che montava tutte le volte che c’era da lottare.
Ricordiamo le lunghe file di pullman dirette verso la Regione per l’apertura del salumificio, dell’ospedale, per il potenziamento dei servizi. Tutte battaglie vinte. C’era un sindacato che funzionava, per davvero dalla parte dei lavoratori e dei cittadini. C’erano i partiti organizzati e soprattutto c’era chi si identificava in essi. C’erano anche i grandi interpreti disinteressati.
Passata quella stagione, le generazioni successive si sono evidentemente convinte che quelle conquiste fossero venute dal cielo e che non bisognasse fare nulla per mantenerle. La storia più o meno recente ha dimostrato quanto fallace fosse quella convinzione. Gradualmente, quelle conquiste sono state smantellate e, nella migliore delle ipotesi, fortemente ridimensionate.
Il tutto nell’indifferenza generale, spontanea o auspicata che fosse. Si è tentato di trasformare una società umana in una pseudo società angelica con il risultato di creare un nuovo peccato, forse il più grave sebbene non figuri negli elenchi catechistici: l’ipocrisia. L’ipocrisia è un peccato generalmente condiviso tra chi lo commette e chi lo tollera o addirittura l’incoraggia per dare all’esterno un’immagine ovattata e falsa. Finalmente, quel popolo ha alzato la testa, dopo anni di torpore. Non importa dove queste manifestazioni porteranno, ciò che era ed è importante è la ripresa di quello spirito, la voglia di riappropriarsi del proprio destino, la forza di dire: “io non ci sto“. Il ripopolamento di quelle vie, di quelle piazze è un segnale di speranza che ci piace cogliere, unitamente al messaggio di trasgressione che quella ordinata protesta si porta dietro
La trasgressione è il grimaldello che permette di forzare i limiti imposti dalle convenzioni e contestualmente abbattere i mostri che terrorizzano la mente spingendola all’inattività. La nostra speranza è che quel dinamismo emerso nei giorni passati non resti un fenomeno isolato, per il bene supremo della nostra comunità.
Massimo Conocchia
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