“ L’acqua solo per uso esterno”: storia di un uomo fuori dal comune
Era nato a Manchester. L’origine inglese era evidente non solo nell’inflessione ma anche nell’eleganza, nel modo di porsi, nella pacatezza dell’interlocuzione, nella sottile ironia di fronte ad alcune nostre ingenue riflessioni. Era stato professore di filosofia teoretica in una blasonata università. Aveva poi rinunciato alla cattedra con una lettera aperta indirizzata ai suoi colleghi, denunciando mali vecchi e nuovi provocati dalle baronie nel nostro Paese. Amante dell’Italia, della nostra cucina e del nostro vino, ci ripeteva spesso una frase di Peter Ustinov: “ Immagino l’inferno in questo modo: la puntualità italiana, l’umorismo tedesco e il vino inglese”.
In uno dei nostri incontri professionali, di fronte alla nostra insistenza sull’importanza di bere e idratarsi, ci ripeteva: “Io bevo e molto” “Mi riferivo all’acqua” – replicavamo – e lui di rimando “l’acqua solo per uso esterno, per tutto il resto c’è il vostro ottimo vino, che oltretutto funziona meglio del prozac e mi permette di osservare il mondo senza quel velo di ipocrisia che la ragione e le convenienze spesso ci impongono”. Le nostre insistenze non servivano e lui ci osservava abbozzando un mezzo sorriso.
Era un uomo con cui sin poteva parlare di tutto e aveva una risposta a tutto, mai scontata o banale ma sempre frutto di un’analisi profonda dell’uomo e del mondo. Regalava perle di saggezza come i nonni distribuiscono le caramelle ai nipotini e la nostra glicemia, negli anni nei quali avemmo la fortuna di attingere a quella fonte, ne ha probabilmente risentito. Le nostre ipoglicemie relative di oggi sono probabilmente il riflesso della perdita di un interlocutore quanto mai importante.
Definiva i suoi connazionali incapaci politicamente. “Come? – replicavamo – siete tra le monarchie più longeve e studiate al mondo, maestri e pionieri nelle rivoluzioni…”. “L’errore più grave che si possa commettere – ci spiegata pacatamente – è quello di pensare che le rivoluzioni siano frutto dell’intelligenza; sono in realtà un riflesso viscerale, fatte con la pancia (vuota) e non col cervello. Anche la Rivoluzione francese o quella bolscevica in Russia, non sono certo nate dall’acume politico ma dall’esasperazione del popolo affamato.
Sono le fasi successive che vengono gestite con astuzia e intelligenza da altri ma di fatto estromettendo il popolo che quelle rivoluzioni aveva innescato”. Era ateo e ammirava la filosofia di Bertrand Russel. Era bello sentire le sue “lezioni” sul marxismo, sul suo fallimento. “Marx ha fatto una diagnosi precisa e spietata della società e in questo è stato assolutamente insuperabile. Ha commesso alcuni errori di valutazione, come quello di sostenere che il valore di una merce fosse dato dal tempo che si impiegava a produrla, mentre, in realtà, il valore è determinato solo dalla domanda che di quel prodotto fa il mercato”.
Sulla classe politica italiana la sua analisi era spietata: “si tratta, nella maggior parte dei casi, di gente che entra in politica per campare, intendendo quel ruolo come un mestiere per vivere e prosperare. Chi nella vita è riuscito, raramente entra in politica. Così intesa, la politica diviene un ricettacolo di gente mediocre che resta attaccata a quella poltrona come elemento essenziale per la sua sopravvivenza ed è disposta a tutto pur di rimanere a galla. Da qui gli equilibrismi e i cambi di casacca, indecorosi soprattutto per chi se ne rende artefice. Tutto è funzionale alla sopravvivenza dell’eletto e questo è perversione pura”.
Restavamo ad ascoltarlo per ore e, mentre faceva le sue analisi, pensavamo a quanto felici fossero stati i suoi colleghi di università nel liberarsi, senza colpo ferire, di una persona “scomoda” perché in grado di dire le cose come stavamo, senza filtri o edulcoranti. La morte lo colse nel sonno. Fu ritrovato qualche giorno dopo. Un trafiletto sul giornale dava notizia della scomparsa in solitudine di un “anziano ex professore ordinario di filosofia teoretica”. Una voce dissonante si era spenta nell’indifferenza generale dei più.
Massimo Conocchia