La Sardegna come laboratorio di rinascita per la Sinistra 

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Le recenti elezioni regionali in Sardegna, dove è prevalsa anche se di misura la candidata dei 5 Stelle, avversaria del sindaco di Cagliari, dato per favorito e imposto dallo stesso Presidente del Consiglio, dimostra che la prospettiva unitaria è vincente e che quando ci si unisce sulle cose da fare l’elettorato risponde. Da tenere, tra l’altro, conto che in Sardegna il CS, seppure unito, aveva un avversario interno, la lista Soru, appoggiato da IV e Calenda. Nonostante tutto è prevalsa la candidata unitaria. Il peccato originale della Sinistra è stato da sempre la frammentazione che ha permesso alla Destra in non poche occasioni di prevalere. Così è stato nel 1994, all’esordio vincente di Berlusconi, quando Martinazzoli, segretario dell’allora PPI, rifiutò l’alleanza con il PDS: sommando le percentuali prese dalle due formazioni, erano ampiamente superiori a quella del cosiddetto “popolo della libertà” ma il sistema elettorale premiava la formazione che aveva ottenuto la percentuale maggiore con premio di maggioranza ampio alla Camera, risicato al Senato per via del diverso meccanismo (legato al voto delle singole regioni). Stesso discorso si potrebbe fare per il 2006, quando Romano Prodi prevalse di misura su Berlusconi, con una maggioranza di due voti al Senato. Nel 2013 il Cs che aveva prevalso ma non aveva ottenuto la maggioranza fu costretto a estenuanti e umilianti trattative, risoltesi con un nulla di fatto, con i 5S, per poi fare il governo con un frammento del Centro Destra fuoriuscito. In definitiva, la storia dimostra e dovrebbe insegnare che quando ci si presenta uniti le probabilità di vittoria aumentato sensibilmente. Gli errori commessi da Enrico letta nel 2022, col rifiuto di alleanza con i 5 stelle – rei di avere affossato Mario Draghi – dovranno rappresentare un modello negativo da evitare, non solo per il mancato apparentamento ma   anche  per le tematiche (“Agenda Draghi”), che nulla avevano a che fare con i temi cari alla Sinistra. Non sappiamo se  Elly Schlein riuscirà a imporre la propria linea, tenendo testa a quella fazione tuttora presente nel PD, da sempre avversa a 5S e Sinistra, ma è su questo che si giocherà la partita della sua segreteria. Quanto a Conte, sa bene che senza alleanze non ci sarà la possibilità di capitalizzare e incanalare i consensi verso una direzione costruttiva. E queste alleanze non potranno che essere create con quella parte che maggiormente condivide alcune tematiche sociali dei pentastellati, a cominciare dal sostegno alle fasce più deboli, che questo governo si è adoperato per smantellare, senza avere creato un sistema alternativo valido. A chi si è mosso con gli scarponi chiodati verso il welfare e il sostegno a chi sta indietro, mentre si preoccupa di garantire impunità e paracaduti ai cosiddetti “colletti bianchi”, si deve per forza contrapporre una diversa visione del mondo. Se le visioni alternative sono molteplici e frammentarie, si rischia di confondere l’elettorato. All’atto in cui scriviamo questo articolo non si sono ancora tenute le elezioni in Abruzzo, per cui non ci possiamo esprimere né tentare alcuna analisi. Un dato, però, balza agli occhi: la paura della Destra, che per questa piccola regione ha mobilitato tutto il governo che è corso a sostegno del candidato governatore. Una sconfitta bis in Abruzzo non potrebbe essere derubricata come incidente di percorso ma segnerebbe una chiara inversione di tendenza. Il quadro è tutt’altro che chiaro e non ce la sentiamo di azzardare previsioni. E’ tuttavia chiaro che la fibrillazione interna alla Destra per questo voto tradisce non solo insicurezza ma anche il timore che l’alternativa non solo sia possibile ma che sia addirittura a portata di mano. Già questo dato dovrebbe indurre il CS a proseguire sulla strada intrapresa, indipendentemente da chi sarà chiamato a guidare l’Abruzzo per i prossimi 5 anni.

Massimo Conocchia

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