Lettura di una foto
La foto postata da Biagio Antonio Serra: “Mercato della frutta 1919”, m’invoglia a una sua lettura.
Quel mercato si svolgeva nella piazza costruita nei primi anni del secolo scorso, demolendo le casette, che vi sorgevano. Tanto suscitò le proteste di alcuni proprietari che, non aderendo all’indennità di esproprio, si videro depositate quelle somme, che non furono mai ritirate.
L’opera fu eseguita malgrado tutto.
Nella foto, sulla sinistra, si nota una venditrice in abito tipico: cammisùottu bianco, cùorpu (bolero), sinèadu (grembiule), sulla gonna di colore scuro, fazzoletto, come copricapo (muccatùr’ ‘e ‘nchèapu).
In contrasto, rispetto a quest’ultimo, con altre donne, che indossano un cappello di foggia maschile.
Sono visibili due bilance, sospese ad una “impalcatura” monumentale.
Non sfuggano ‘i fìscini: contenitori ricavati da canne e tralci di salici, abilmente intrecciati. Essi erano i contenitori, che si sistemavano ai lati dei basti degli asini, per trasportare derrate agricole.
Chi sa, fra le nuove generazioni cos’erano i fiscini? Certamente nessuno!
La piazza appare ricca di merci nei pressi dei quali si vedono venditrici e numerosi avventori, che posano per la foto di rito, forse per l’inaugurazione del mercato. In esso, si ripete, si vendevano prodotti agricoli da parte di contadini acritani, ma, va detto, vi confluivano anche vari contadini bisignanesi.
Il popolo battezzò quel mercatino: Chiazza ‘e di frutti (Piazza della frutta). Malgrado nella toponomastica ufficiale fosse denominata Piazza Marconi, per il popolo, che ha una sua toponomastica si continuò a denominarla Chiazza ‘e di frutti.
Non tutti, vedendo la foto, saranno stati in grado di farne una lettura minuziosa, anche perché vari oggetti, più su citati, sono scomparsi dall’uso.
Come si è scritto altra volta, a proposito di un’altra immagine immortalata dal fotografo e riproposta da Serra, la lettura delle foto, a volte, ci porta in un mondo lontano, ma si presenta di difficile interpretazione.
Generalmente la natura dei luoghi è cambiata, se non stravolta; se ne ignora la storia e, perciò la lettura diviene superficiale.
Nella foto di riferimento più che un luogo, che non si vede, si legge una nota interessantissima, relativamente ai costumi, anch’essi scomparsi.
Si potrebbe continuare con altri rilievi e precisazioni, ma è bene lasciare ai lettori immaginare il resto.
Ripeto molte di queste foto proposte andrebbero commentate, per una lettura, che ci riserberebbe non poche sorprese inimmaginabili, specie se come quella proposta si riferisce a più di un secolo fa.
Giuseppe Abbruzzo
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