Da uno studio del prof. Francesco Perri, “Non esiste luogo al mondo dove non viva almeno un Albanese”
In occasione del Meeting Internazionale di Tirana, del 12 dicembre 2023, è stato presentato dallo storico prof. Francesco Perri un importante lavoro editoriale (FAA), che mira ad identificare e localizzare tutti gli albanesi nel mondo.
Secondo lo studio effettuato dal prof. Perri gli albanesi sono stati costretti a lasciare il proprio Paese ed emigrare in diversi periodi storici.
“Oltre alle prime migrazioni, fin dai tempi di Skanderbeg, o anche prima, scrive il prof. Perri, una nuova ondata di partenze coinvolse la popolazione albanese, dopo la caduta dell’impero turco, che aveva conquistato i Balcani”. E aggiunge “che nella frammentazione dell’Albania nel 1913 ad opera della Conferenza degli Ambasciatori a Londra, si è tentato di lasciar fuori dalle proprie origini gli albanesi. Intere province albanesi sono state concesse ai loro vicini. Migliaia di famiglie albanesi lasciano il proprio Paese per costruirsi una vita migliore, al di fuori delle persecuzioni e dei conflitti nazionali, in diversi paesi d’Europa, ma anche più lontani in America, Canada e Australia.
Più di 200mila kosovari, inoltre, si rifugiarono in Turchia in seguito ad un accordo tra la Jugoslavia e quest’ultima”.
Anche dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale – si legge nello studio del prof. Perri – buona parte degli albanesi, oppositori del regime, lasciarono la propria terra d’origine per vivere liberamente altrove, creando così una diaspora in molti paesi europei e negli USA. Nel 1990 le ambasciate straniere diventarono rifugi per coloro che poi partirono con o senza la famiglia per l’Italia, la Germania, l’Austria, ecc. Queste partenze continueranno negli anni 1991-1992, dove l’esodo di marzo con le navi albanesi resterà a lungo nella mente degli europei, come un’azione mai vista accadere. Avvenne in quel periodo una rivolta contro la dittatura, scoppiata in esodi storici di grandi proporzioni. Ci furono, successivamente, nel 1977 anche “fughe disorganizzate – scrive il prof. Perri – determinate da rivolte anche violente. Tutto è iniziato dopo il crollo delle imprese piramidali, che ha scatenato la rivolta popolare. Questa particolare situazione costò decine di vite umane e lasciò conseguenze incalcolabili nell’economia albanese. Molti albanesi sono stati costretti ad andare a lavorare fuori dall’Albania per procurarsi un reddito. In quel periodo le loro destinazioni sono state soprattutto l’ Italia e la Grecia”.
Secondo alcuni dati, oggi gli albanesi sono circa 15 milioni in tutto il mondo.
Dallo studio del prof. Perri, in particolare, emerge che l’Albania ha circa 3 milioni di abitanti, che in Kosovo ci sono circa 2 milioni di albanesi, che in Macedonia del Nord ci sono circa 500mila albanesi.
Il Montenegro, invece, conta circa 40 – 50mila albanesi. Gli Arvaniti e Albanesi che vivono in Grecia, nel 1951, sono stati calcolati in circa ventimila.
Anche in Siria si sono stabiliti molti albanesi, circa 550 famiglie. Così come in Bulgaria, in Romania, in Croazia, in Slovenia, in Ucraina, in Argentina e in Sudafrica.
La meta più preferita, tuttavia, per gli Albanesi è l’America (USA). Pare che ci siano più di 800mila albanesi, anche se questo numero non è mai riuscito a diventare ufficiale.
A conclusione del suo interessante lavoro, che contiene anche basi statistiche, il prof. Perri, a proposito dell’Europa, scrive che, relativamente alle presenze di albanesi, la situazione è la seguente: “Grecia, circa 500.000, Germania, circa 350.000, compresi quelli provenienti da aree etniche; in Italia, circa 450mila e in Svizzera, circa 180mila, di etnia albanese; in Inghilterra 40mila, in Belgio, circa 40mila”.
In riferimento, invece, agli Arbëreshë in Italia, ribadisce che hanno la loro origine fin dai tempi delle prime invasioni turche, prima e dopo il periodo del regno di Skanderbeg e che il loro numero è stimato a circa 110mila.
Un numero minore di albanesi si trova in quasi tutti i paesi europei, ma ormai non c’è angolo del mondo dove non troviamo albanesi.
Gennaro De Cicco
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