Buon anno
Buon Anno a tutti! L’avvio di un nuovo anno ci porta, anzitutto, a fare un consuntivo di quello appena trascorso e, al tempo stesso, segnalare le cose che si vorrebbe cambiassero.
Il 2023 è stato caratterizzato, sul piano internazionale, da nuovi conflitti e dalla persistenza di quelli già in essere. Il nuovo fronte, quello in Medio Oriente, è iniziato con un deprecabile atto terroristico con migliaia di morti e oltre 200 ostaggi e proseguito con una controffensiva sanguinaria sulla striscia, con decine di migliaia di vittime civili inermi, che avevano il solo torto di vivere in un posto terribile sul piano delle condizioni umane e della sicurezza. Uno degli aspetti più amari di questo conflitto è che, sul piano internazionale – Italia compresa – si è assistiti allo svilupparsi due opposte posizioni, inconciliabili.
Un clima di tensione e di intolleranza da ambo le parti ha fatto sì che chi si è schierato per la condanna del deprecabile attacco a Israele da parte di Hammas, è apparso come un nemico degli arabi e chi ha condannato l’attacco di Israele su edifici civili e ospedali è stato dipinto come antisemita. Un po’ come era successo con il conflitto in Ucraina, dove dire che l’invio illimitato di armi non era una condizione sostenibile, voleva dire essere amici di Putin. Un clima, insomma, di intolleranza e mancanza reciproca di condivisione di alcuni elementi universali, come quello di sostenere che il presupposto per la pace in Medio Oriente non può che essere la creazione di due Stati indipendenti. Continuare a non riconoscere questo principio sacrosanto, non potrà che alimentare conflitti e tensioni che periodicamente sono esplosi ai danni di cittadini inermi e incolpevoli.
A casa nostra, stiamo assistendo a un aumento della precarietà e del tentativo di privazione di diritti acquisiti. Scioperi nei trasporti, nella sanità, nella pubblica amministrazione, sono un segnale di un’insoddisfazione non latente ma manifesto e frutto di una politica che impone a chi non può scappare i maggiori sacrifici. Il gap tra l’azione di governo e le promesse elettorali è mostruoso e vorremmo provare ad analizzare alcuni indicatori, a cominciare dalle pensioni.
Dai proclami elettorali per l’abbattimento della Fornero, siamo passati al tentativo di derubare i lavoratori di diritti acquisiti. Da quota 41, tanto cara alla lega, siamo passati, per i medici, maestri e dipendenti P.A., a quota 46, con un inasprimento dei già rigorosissimi parametri della Fornero. Chi lascerà il lavoro dopo avere raggiunto i 42 anni e 10 mesi, indipendentemente dall’età (come previsto dalla legge), verrà sottoposto a corpose penalizzazioni, a meno che non decida di restare ulteriormente al lavoro, nonostante abbia già i requisiti previsti. Insomma, Giorgia Meloni, è riuscita a farci rimpiangere la Fornero, con la quale avevamo, se non altro, la sicurezza di andare senza penalizzazione, una volta raggiunti i requisiti.
L’obiettivo dichiarato è tenere i medici al lavoro fino a settanta anni in condizioni sempre più difficili. Tanti altri conflitti aperti da questo governo, tra cui primeggia quello con la magistratura, che si vorrebbe, come nel ventennio, asservita all’esecutivo, per cui quei magistrati che esercitano le loro funzioni, emanando sentenze non gradite al governo, vengono attaccati e si è arrivati al punto di dichiarare una sorta di cospirazione di una parte della magistratura contro il governo. Una concezione del potere come privilegio, con ministri che si permettono di fermare un treno in ritardo in una stazione non prevista facendo valere lo status di esponente del governo.
Tutto questo per distrarre gli italiani dai problemi, come il mancato rispetto degli impegni con l’Europa, a cominciare dal PNRR, la questione migranti, di cui non si parla più è che ha visto, nel 2023, triplicare gli sbarchi. Un pasticciato e discutibile accordo con l’Albania, criticato dalla stessa Commissione europea. Conflitti di interesse e problemi giudiziari che interessano ministri e sottosegretari senza che questo determini, come in qualsiasi democrazia europea, un passo indietro, spontaneo o imposto, degli interessati. Sottosegretari sotto inchiesta e per i quali è stato avviato un giudizio per la rivelazione di notizie secretate. Gaffe continue, etc.
Nonostante questo, siamo convinti che il governo Meloni continuerà a godere a lungo della fiducia degli italiani e che vincerà – come era successo a Renzi nel 2014 – le elezioni europee, per poi cadere sotto i colpi di un referendum che decreterà – come per l’attuale esponente di IV – l’inizio della fine di una fase politica sterile sul piano dei risultati, negativa sul piano della stabilità sociale. FdI, intanto, ringrazia PD e 5 stelle per il prezioso contributo di una mancata politica unitaria, che impedirà al CS di superare la soglia del 30% per essere minimamente competitivo.
In ogni caso, l’augurio è che qualcosa di buono e di nuovo si affacci all’orizzonte, dissipando le nubi. Augurandoci, al contempo, di potere continuare a urlare “Viva l’Italia antifascista” (presupposto su cui è nata la nostra Carta Costituzionale), senza rischiare di essere segnalati o schedati.
Massimo Conocchia