La mia Calabria: Renaissance (parte seconda)

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I coniugi Laratta sono visibilmente emozionati davanti alla macchina da presa, malgrado il produttore Robert faccia di tutto per metterli a loro agio.

Ne ha fatta di strada Robert Caiaro dal rione Ritunna a Belmont Hills. E di lattughelle verdi in banca. Ma il successo non lo ha cambiato, è rimasto il bravo ragazzo che biciclettava per giornate intere ridendo sonoramente ad ogni caduta.

“Mamma non è niente” replicava alla signora Isabella anche quando si era sbucciato il ginocchio e lo tamponava col fazzoletto.

Sempre sorridente, di buonumore, seguito come un’ombra dalla moglie Margherita.

Margherita, bolognese, è donna avvenente, dai boccoli biondi a cannelloni, con due tette che sembrano missili al lancio. Lo tampina somministrandogli il farmaco per la pressione e delle immangiabili gallette di riso perché vorrebbe farlo dimagrire. Ha dieci chilogrammi che non riesce a perdere, anche perché appena lei se la svigna per lo shopping si strafoga di pane e mortadella.

“Robert fai una pausa e prenditi il Giant, non a stomaco vuoto, mangia prima la galletta di riso, tesoro” gli ordina mentre gli sputa in faccia il fumo della sigaretta.

E lui guardandola come una Madonna “Grazie mortadellina mia”.

Il regista, al contrario del produttore, è nervosetto, lo si capisce subito da come si muove sul set e da come tiene la macchina da presa, che abbraccia come un’amante freddolosa.

Francis Ford Fogg, quarantenne italo canadese con un passato da cantante rock nel gruppo Pinzimonium, è un genio indiscusso a livello internazionale, amante dell’arte in ogni sua forma e quindi esperto di cinema, musica, teatro, tradizioni popolari, manoscritti.

Come tutti gli artisti è un po’ matto, assolutamente contrario ad ogni forma di collaborazione a pagamento, convinto che il denaro rovini la componente spirituale dell’arte vera. Proprio per questa sua convinzione ha stretto col produttore un patto: niente bigliettoni verdi, niente euro, ma una piccola comparsa negli scavi archeologici di Sibari con lui che vestito da Bruce Springsteen canta I’m on fire.

Bruce è la sua fissazione da quando era ragazzo. Possiede tutta la sua discografia, lo imita nel look, canta le sue canzoni. Oggi infatti sui Levis 501 ha indossato la maglietta grigia in cotone e ad ogni pausa canticchia una strofa del testo che ha scelto di cantare a Sibari:

Tell me now, baby, is he good to you?
And can he do to you the things that I do? Oh no
I can take you higher
Oh oh oh, I’m on fire

Malgrado alcune stravaganze, Francis con la macchina da presa produce cose meravigliose, perciò Robert, quando il governatore della Regione Calabria, Attilio Sputino, lo ha chiamato per il lungometraggio, non ha avuto alcuna esitazione a scegliere lui, col quale ha già collaborato a diversi progetti, non ultimo il rilancio della castagna ‘nserta” di La Mucone.

Lo chiama affettuosamente Three Ef. 

“Three Ef partiamo?”

“Action, action” urla il regista seguendo con la macchina da presa Gioacchino, il quale nella navatella esterna dell’Abbazia florense introduce la mostra permanente delle Tavole del Liber Figurarum di Gioacchino da Fiore.

“Questa è la figura del Drago rosso a sette teste, il Draco Magnus. Come tutti sapete c’è un chiaro riferimento al libro dell’Apocalisse in cui un drago a sette teste e dieci corna appare a Giovanni.

E apparve un altro portento nel cielo: ecco un grande drago rosso, con sette teste e dieci corna; sulle sette teste diademi e la coda trascinava il terzo delle stelle del cielo e le precipitò sulla terra. Apocalisse XII, 3-4.

Le sette teste rappresentano altrettanti re o profeti che agirono contro la fede: Erode, Nerone, Costanzo, Maometto, Mesemoto, Saladino ed un anonimo. Solo il Saladino nella figura del Liber ha il diadema in testa, essendo gli altri già scomparsi ai tempi della redazione della tavola oppure, nel caso del re anonimo, non ancora manifestati. Nella punta della coda del drago si legge Iste est ultimus Antichristus, ulteriore conferma del tema escatologico e dell’ispirazione all’Apocalisse.”

In dieci minuti esatti Gioacchino riesce a citare anche i tre manoscritti del Liber Figurarum, mostrare la navata centrale, l’altare, e rivolgere l’invito a visitare l’Abbazia.

Piero ed Alberto Angela non avrebbero saputo fare meglio.

“Stop”, sentenzia il regista.

“Questo primo fotogramma è perfetto, assolutamente perfetto. Ora Robert, se sei d’accordo, faccio un primo piano alle dalie del giardino per introdurre Bernardina alla quale dedichiamo il secondo fotogramma?”.

“Of course.” (continua)

Aurora Luzzi

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