La riforma delle riforme
Giorgia Meloni, l’ha definita la riforma delle riforme.
Il testo del disegno di legge che prevede l’elezione diretta del Presidente del Consiglio è stato esaminato dal Consiglio dei Ministri nella riunione di venerdì 3 novembre, trovando l’accordo dell’intero Governo e della maggioranza che lo sostiene.
La proposta di riforma costituzionale, contenente norme di “Introduzione dell’elezione popolare e diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri e razionalizzazione del rapporto di fiducia”, è racchiusa in cinque articoli.
Si tratta di una riforma coraggiosa che, se approvata, modificherebbe l’assetto costituzionale della Repubblica ed i futuri rapporti tra le forze politiche.
Una rapida analisi.
L’art. 1 del Disegno di legge costituzionale, abroga il secondo comma dell’art. 59, della Costituzione Italiana, che prevede la nomina da parte del Presidente della Repubblica dei Senatori a vita, che rimarrebbero in carica, ai sensi dell’art. 5 della propostastessa, recante le norme transitorie, sino al temine del loro mandato.
Con l’articolo 2, viene soppressa la possibilità del Capo dello Stato, stabilita dall’art. 88, comma 1, della Costituzione, di sciogliere, sentiti i loro Presidenti, “anche una sola” delle Camere.
L’intenzione sembrerebbe quella di rendere sempre più stabile il sistema del bicameralismo perfetto ed evitare, in caso di apertura di crisi di governo, un diverso atteggiamento politico di una delle due Camere del Parlamento.
Il punto centrale della riforma, è invece contenuto negli articoli 3 e 4 del Disegno di legge.
L’art. 3, modifica l’art. 92 della Costituzione Italiana.
Viene prevista l’elezione a suffragio universale e diretto, per la durata di cinque anni, del Presidente del Consiglio dei Ministri, con la votazione del Presidente stesso e delle Camere attraverso un’unica scheda elettorale.
Con la norma, chiaramente di portata storica, si intende non solo riconoscere il diritto di voto dei cittadini ad eleggere direttamente il Presidente del Consiglio dei Ministri, ma anche solidificare il rapporto politico, in funzione elettorale, tra il candidato Presidente e la coalizione di partiti che lo sostiene, attraverso il collegamento con l’unica scheda elettorale di votazione.
Si rimanda anche ad una nuova disciplina della legge elettoraleche, secondo i principi di rappresentatività e governabilità, garantisca un premio su base nazionale, ai candidati ed alle liste collegate al Presidente del Consiglio dei Ministri, del 55 per cento dei seggi nelle Camere.
Chiara la funzione della disposizione, diretta, attraverso un premio di maggioranza, ad assicurare maggioranze più stabili ai fini dell’attuazione dell’indirizzo politico e degli impegni programmatici sui quali il Presidente del Consiglio dei Ministri e la coalizione dei partiti si sono presentati agli elettori.
Con l’ultimo comma dell’art. 3, viene eliminato il potere del Presidente della Repubblica di nominare il Presidente del Consiglio dei Ministri.
Quest’ultimo, eletto su base universale e diretta, riceve l’incarico, da parte dello stesso Presidente della Repubblica, di formare il Governo, al quale comunque rimane il potere di nomina dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio.
L’art. 4 del DDL costituzionale, introduce norme di modifiche all’art. 94 delle Costituzione.
Si tratta, nella sostanza, di una disciplina indirizzata a rendere effettivo e responsabile il voto di fiducia delle Camere al Governo e a contrastare il fenomeno, fortemente abusato negli anni anche se conforme a Costituzione, di formare governi non espressione della diretta volontà popolare.
Si modifica il terzo comma dell’art. 94 della Costituzioneprevedendo che, entro 10 giorni dalla sua formazione, il Governo si presenti alle Camere per ottenere la fiducia.
Nel caso in cui il Governo, presieduto dal Presidente del Consiglio eletto, non ottenga la fiducia da parte delle Camere, il Presidente della Repubblica deve rinnovare l’incarico al Presidente eletto di formare un nuovo Governo che si presenta per la fiducia ai rami del Parlamento.
Qualora anche questo Governo non ottenga la fiducia, il Presidente della Repubblica deve sciogliere le Camere elette e procedere all’indizione di nuove elezioni politiche.
Nell’ultimo comma viene inserito un nuovo comma all’art. 94della Costituzione, che prevede, nel caso in cui il Presidente del Consiglio dei Ministri cessi (per qualunque causa) la propria carica, ovviamente dopo l’avvio della legislatura, il potere, e non imposto il dovere, al Presidente della Repubblica, di conferire un nuovo incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento al Presidente eletto.
La disposizione introduce il meccanismo c.d. antiribaltone e di continuità con il programma presentato agli elettori, laddove stabilisce che l’incarico di formare il nuovo Governo, qualora non sia concesso al Capo del Governo eletto, deve essere affidato ad un parlamentare eletto in collegamento con il già Presidente del Consiglio eletto, per “attuare le dichiarazioni relative all’indirizzo politico e agli impegni programmatici sui cui il Governo del Presidente eletto ha chiesto la fiducia delle Camere”.
Infine, l’art. 5, contiene le norme transitorie per l’applicazione della riforma, prevista a decorrere dalla data di primo scioglimento delle Camere, successivo alla data di entrata in vigore della legge costituzionale di modifica.
Adesso, il Disegno di legge costituzionale passerà alle Camere, che dovranno approvarlo secondo le modalità ed i quorum previsti dall’art. 138 della Costituzione.
Una breve riflessione politica.
La proposta di riforma è audace ed è destinata a modificare, nel complesso e qualora approvata, l’assetto istituzionale e costituzionale dello Stato.
Indiscutibilmente mira ad una maggiore solidità dei rapporti tra le forze politiche e volge lo sguardo, nella sostanza, a quell’esigenza di stabilità e governabilità di cui l’Italia ha ampia necessità.
Nel passaggio parlamentare emergeranno le diverse posizioni, alcune frutto di condivisibili osservazioni, altre figlie di approcci ideologici.
Sicuro è che, sia la Presidente del Consiglio Meloni che la maggioranza parlamentare che la sostiene, con la proposta stanno scommettendo molto sul loro futuro politico.
Angelo Montalto