Insegnare
Secondo un importante sociologo francese che si è occupato tra i primi, fin dalla fine dell’800, di studi sull’educazione, Emile Durkheim, l’insegnante è come un sacerdote, incarna valori e norme della società moderna, che attraverso lui arrivano alle nuove generazioni. Un sociologo del secolo scorso, l’americano Talcott Parsons, considera il lavoro scolastico la spinta principale della socializzazione degli individui, la scuola forma a come si dovrà vivere nella società. Altri hanno detto molto sul valore degli insegnanti: una visione più conservatrice lo vuole attento ai contenuti, alla disciplina e al controllo dei comportamenti, una visione più progressista lo vuole partecipe, attento e giusto. Non mancano le critiche. Pierre Bourdieu, un sociologo critico francese, ritiene che nel lavoro in aula gli insegnanti, incorporando le logiche dominanti producono, senza intenzione esplicita, esclusione sociale. La pedagogia libertaria, pensiamo a Paulo Freire, vuole un insegnante creativo, che forma alla trasgressione e alla libertà. La pedagogia montessoriana pensa un insegnante che affianca, che include, quella di Don Milani pone l’insegnante amico e dalla parte degli ultimi.
Prospettive più recenti pensano l’insegnante come un facilitatore con capacità empatica, capace di costruire rapporti interpersonali significativi per lo sviluppo armonico della persona. Si tratta di un modello che contrasta quello tradizionale centrato su conoscenza, comprensione e obiettivi cognitivi espliciti da raggiungere. Le critiche maggiori vanno alla lezione frontale che limita il lavoro attivo e responsabile degli studenti, in questo modello l’insegnante è il diffusore del sapere in forma verbale e disciplinare.
È un sorvegliante e un valutatore, gli interessa poco motivare o responsabilizzare gli alunni. Questa immagina ha ancora moltissima presa e se qualche studente rimane indietro senza intervenire per chiedere chiarimenti o si annoiarsi poco male…succede.
Gli insegnanti in questo caso sono preoccupati solo dell’accesso ai contenuti e poco interessati all’applicazione e rielaborazione delle conoscenze acquisite. Come critica al modello tradizionale emergono oggi nuovi modelli di insegnamento. Tra questi la “classe capovolta” che ridisegna i ruoli classici del docente che insegna e dello studente che impara. In questo modello che richiede insegnanti illuminati, pazienti, capaci di suscitare ascolto, riflessività e attenzione, l’insegnante consegna agli studenti materiali didattici alla loro portata e consegna loro il compito da esporre durante la lezione.
La classe diventa il campo della condivisione in cui gli studenti scambiano, insieme, partecipi e creativi, ciò che hanno appreso. L’insegnante interviene per facilitare, codificare, approfondire, supportare, con verifiche formative individuali e di gruppo. L’aula diventa uno spazio vitale liberato dal lavoro della spiegazione frontale per stimolare l’apprendimento cooperativo, lavoro di gruppo, attività concrete, feedback reciproco, autovalutazione. Il docente, in questo quadro, è un educatore, che fa emergere le potenzialità, ha un’azione di guida e di regia per attivare forme di apprendimento più maturo, con un dialogo trasparente e aperto. Si tratta di un insegnante capace di stare tanto dalla parte delle emozioni che da quella delle cognizioni.
Molti insegnanti, troppi, vivono frustrazioni, insuccessi, fallimenti e, incapaci di farsi parte attiva dei processi di apprendimento, divengono piuttosto verbosi, rabbiosi, distanti e punitivi. Nel suo bellissimo libro “Insegnare a trasgredire” l’autrice bell hooks ripensa l’insegnamento e le sue pratiche e propone un concetto di educazione come pratica di libertà, un manifesto che dovrebbe essere una guida per gli insegnanti che hanno la responsabilità delle generazioni future nel mondo contemporaneo.
Assunta Viteritti