Alcune personalissime considerazioni sul nuovo fronte di guerra in Medio Oriente

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La guerra scatenata dalle truppe di Hamas ha offerto uno spettacolo terribile con oltre 1.200 Israeliani trucidati, tra cui donne, bambini e molti giovani, su cui non si può che esprimere la nostra riprovazione, non disgiunta dall’augurio che le persone prese in ostaggio possano presto riabbracciare i loro cari. Sul terrorismo non ci può che essere la ferma condanna, senza se e senza ma. Tutto ciò premesso, riteniamo che le cause di questa disastrosa situazione siano da ricercarsi nell’atteggiamento di Israele che da sempre si oppone alla creazione di uno Stato palestinese e che ha relegato quel popolo in una lingua di terra e, non pago di tutto questo, ha avuto il coraggio di permettere, in territorio palestinese, l’insediamento di coloni ebraici.

Una sorta di provocazione nei confronti di un popolo già umiliato e privato di diritti essenziali, più volte riconosciuti e sanciti dall’ONU con una serie di risoluzioni rimaste lettera morta. D’altra parte, gli estremismi ci sono sempre stati da entrambe le parti: circa trent’anni fa Isac Rabin, il premier israeliano che aveva fattivamente avviato un processo di pace tra i due popoli, è morto per mano di un fanatico ebreo.

Confidiamo di vivere in un Paese nel quale si possa ancora dire la verità storica su alcuni eventi senza il rischio, sempre strisciante, di vedersi appioppata l’etichetta di amico di Hamas, come ieri si dava quella di filoputiniano a chi sosteneva che gli aiuti militari all’Ucraina non potessero essere infiniti.

Le responsabilità politiche di Israele, in particolar modo dell’attuale premier Netanyahu, vengono sbandierati oggi dalla stessa stampa israeliana, che accusa il primo ministro di avere causato tutto questo con una politica estremista e, allo stesso tempo, di non volersi dimettere (a fronte della manifesta incapacità di difendere il proprio popolo) per sfuggire a personali vicende giudiziarie.

In Italia abbiamo un governo che si è giustamente schierato dalla parte di Israele ma che non ha avuto il coraggio di dire una parola sulle ritorsioni dello Stato ebraico sulla popolazione inerme di Gaza, stretta in una morsa soffocante, senza luce, gas e cibo. Se ad atti criminali e terroristici si risponde con i carri armati sulla popolazione civile crediamo che la spirale di odio non possa che allargarsi con il coinvolgimento di altri Stati arabi. Beppe Severgnini sul Corriere della sera osservava che essere equidistanti tra Hamas e Israele è terrificante. In realtà, la questione è malposta: l’equidistanza va posta tra Israele e Palestina, a cui vanno riconosciuti quei diritti inviolabili di popolo, storicamente negati.

Fino a quando non si capirà che quella diatriba potrà finire solo con la creazione di due Stati indipendenti, non ci sarà alcuna possibilità di uscire da tunnel. Israele farà il suo massacro a Gaza ma non sarà mai  al sicuro in casa propria. Gli Stati Uniti, ben lungi dal mediare, si sono offerti, come sempre, di rifornire di armi lo stato ebraico, incuranti che questa mossa finirà per alimentare odio, morte e insicurezza per entrambi i popoli.

Gli Usa hanno la memoria corta e hanno già dimenticato le terribili conseguenze dell’invasione dell’Iraq e di tutte quelle situazioni nelle quali hanno ritenuto di intervenire sovvertendo regimi di cui fino a poco prima si erano serviti. Insomma, a livello internazionale ci sarebbe bisogno di interventi atti a tutelare i due popoli, anziché fomentare la distruzione di uno dei due.

L’UE si era apprestata  per bocca di uno dei suoi rappresentanti, poi smentito,  a comunicare la fine degli aiuti umanitari in Palestina: ancora una volta il servilismo verso gli Stati uniti ci porta a scimmiottare atteggiamenti strabici senza valutarne gli effetti. Una cosa è la lotta al terrorismo, altra sono le ritorsioni contro civili inermi stretti e costretti in una morsa mortale. Due popoli e due Stati: è questa l’unica via per un futuro migliore e più sicuro per tutti.

Massimo Conocchia

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