La verità sul caso Briatore (prima parte)
L’ urologa più famosa d’Italia, all’anagrafe Daniela Santanchè, master al MIT di Boston in fenomenologia dello spirito del pisello, con innumerevoli allegati colorati sul pisello di Sallusti, qualche sera fa, ha comunicato in tv, senza che nessuno bramasse saperlo, che Briatore ha una forte prostatite e arrivato in elicottero dalla Sardegna è stato ricoverato al San Raffaele, solo ed esclusivamente per questa infiammazione della ghiandola maschile.
Sulla pista però un misterioso piccione viaggiatore immigrato clandestino, scambiandolo per un lardoso scarto della mensa del noto ospedale meneghino (come tutti gli uccelli, con l’occhio destro, dotato di maggiore capacità di concentrazione e categorizzazione, in realtà vedeva una salamina da sugo ferrarese), lo ha beccato ripetutamente trasmettendogli il coronavirus. Pertanto è stato disposto l’immediato isolamento dell’uomo in un reparto covid allestito nottetempo solo per lui, col campanello d’oro, le pareti affrescate, le infermiere più belle d’Italia col culo a pera e le tette dipinte da banconote da cinquecento euro, il letto a dodici posti per eventuali ventilatrici di ogni nazione che potranno percepire a nero mille euro a sventolata, lenzuola di lino fatte al telaio di San Giovanni in Fiore da cessose operaie probabilmente comuniste, e infine il semolino con la foglia d’oro stile Gualtiero Marchesi edizione limitata, servito su un vassoio d’argento fatto recapitare dall’amico Silvio che, in un biglietto di accompagnamento lo informa che anche lui non sta del tutto bene con la prostata ma preferisce curarsi a Marsiglia dove gli aveva consigliato Bernardo Provenzano e gli augura una pronta guarigione per tornare a giocare assieme a cavalluccio. La caposala scelta da Briatore di persona personalmente cu u culu tisu cumi nu cetriolo giovane, ad intervalli regolari gli inietta al posto dell’eparina champagne Moët & Chandon, annata 1950, la sua data di nascita. I ricchi si contentano di poco.
Le sue condizioni sono più che buone, fanno sapere col bollettino dall’ospedale.
Sul posto è intervenuto immediatamente Bertolaso, che soccorso in videochiamata whatshapp da Diego Fusaro sta cercando di catturare sulla torre al dodicesimo piano il dispettoso piccione viaggiatore sussurrandogli lezioni di psicologia ornitologica e la prima lezione del corso di filosofia delle penne, mentre l’urologa predispone una PET con contrasto per Briatore e per il pennuto. Il medico di turno a Medicina nucleare, Ferdinando, un brillante giovincello che nei giorni di ferie fa anche lo speaker radiofonico, apprende dall’ematologo che ci sono anomalie tipiche nell’emocromo fatto al signor Briatore. Con una sigaretta all’angolo della bocca, non ancora accesa, chiede al collega “Paolo ma è lui? è proprio lui? il puttanone anziano e panzuto che scherzava sul covid? Mizzica allora Dio esiste, così impara a fare il negazionista! Ma senti con quel trippone mi entrerà nel tomografo secondo te? Aspè che esco un attimo sul piazzale e mi faccio una sigaretta, ne ho proprio bisogno. Cosa hai detto? …ah, la conta dei neutrofili non torna, e globuli rossi e bianchi se la giocano a briscola chiamata. Ah ah ah. Questo sì che è un caso interessante, voglio farla io la PET, spero di essere di turno, altrimenti chiedo un cambio turno ad Alfonso, anzi sai che ti dico? la faremo assieme.”
Antonio, detto Totonno, l’infermiere di San Sosti assegnato al reparto di Medicina nucleare, alla notizia che nei prossimi giorni dovrà iniettare il liquido radioattivo a nientedimeno che a Briatore e ad un misterioso uccello, non ancora catturato dal famoso Bertolaso che sta improvvisando i versi di vari uccelli per acchiapparlo mentre l’animale gabbandolo intona l’Internazionale socialista, si tocca le parti bassi in maniera istintiva esclamando “Minchia mi sta venendo la prostatite pure ammia! Madonnella mia du Pettoruto u sacciu ca tu si fimmina e nu pu capiri ma su coronavirus teni nu pilu supa u stomaco! ma chi dicu pilu! na pelliccia si non ha schifìato puri su pellizzunu e Briatore. Io si fussi fimmina nunnu tocchera mancu cu l’antenna e Monte Scuro!”
(Continua…)
Aurora Luzzi