Giovani persi
In Italia abbiamo perso 3 milioni giovani in un solo decennio, il 28% lo abbiamo perso nel Sud. Siamo il paese in Europa con la più bassa incidenza di giovani tra i 18 e i 34 anni. Si tratta di dati tratti dall’ultimo Focus ISTAT del 12 ottobre 2023. “I giovani del mezzogiorno: l’incerta transizione all’età adulta” questo il titolo del documento che si trova facilmente on line.
Nel 2023 in Italia sono circa 10 milioni e 200mila i giovani in età 18-34 e dal 2002 abbiamo perso circa 3 milioni di persone. Nel sud d’Italia la perdita è più netta nonostante la quota di chi si trova tra i 18 e i 34 anni sia maggiore ma la perdita è molto più severaproprio al sud. I giovani italiani vivono una situazione di fragilitàanche a causa della loro diminuzione quantitativa. Protagonisti del cosiddetto “inverno demografico” i giovani diminuiscono anche se la popolazione complessiva nel paese aumenta.
Nel Focus Istat si mettono in evidenza cose che già conosciamo, ma è bene sottolinearle. I giovani nel Mezzogiorno hanno un percorso più lungo e complicato verso l’età adulta. I tempi di uscita dalla casa dei genitori sono più lunghi rispetto ai giovani del centro e del nord. Restano in famiglia la stragrande maggioranza di loro mentre si riducono i numeri dei matrimoni e dei figli.
C’è però una notizia positiva: i giovani del sud studiano di più, i “millennials” sono di più istruiti e negli ultimi anni è aumentatanel sud la propensione agli studi universitari. Secondo i dati ISTAT le immatricolazioni aumentano nelle aree del paese con la più alta disoccupazione (in Calabria +10,9) anche se spesso gli studenti del sud preferiscono iscriversi nelle Università del centro e del nord. Un paradosso che rischia di deprivare ulteriormente di risorse umane con competenze avanzate il Mezzogiorno.
Le Regioni dove la disoccupazione è più pronunciata presentano un accentuato impoverimento demografico (la Calabria perde dal 2002 al 2022 il 32,2% dei giovani tra 18 e 34 anni. Nel sud aumenta la consistenza numerica dei NEET (quei giovani che non studiano e non lavorano), solo in Calabria sono pari al 35,5%. Nel sud la transizione al lavoro è molto lenta e incerta e questo influisce negativamente sulla qualità della vita dei giovani del sud.
I giovani del sud studiano di più, le famiglie si impegnano economicamente di più ma come fare per trattenere nel sud quei capitali, quelle aspettative, quelle ambizioni? Sono domande antiche che non smetteremo mai di porre.
L’inerzia dei fenomeni, se non contrastata va nella sola direzione che conosce. Eppure, tante le cose che le politiche e buoni amministratori e buone imprese e buone università e buone scuole potrebbero fare.
Assunta Viteritti