Questa “pagnotta” va soppressa!
Abbiamo riportato quanto si scriveva sulla nutrita schiera dei pagnottisti, accorrenti, come veloci cani dietro a politici e potenti del dopo Unità d’Italia.
In quei tempi, a differenza di oggi, si correva dietro al carro del vincitore di turno, per montarvi sopra e assicurarsi la pagnotta.
Nelle nostre scuole ci hanno insegnato e continuano a insegnare che l’Unità d’Italia diede la libertà al popolo e… alla stampa. Per la verità, stampa libera, allora, si diceva solo quella che menava l’incensiere ai Savoia e ai savoiardi, ossia ai “potenti di turno”.
In Napoli, come si è riportato altra volta, si pubblicava un giornale la cui testata era La pagnotta. Un articolo apparso sul quotidiano napoletano La Campana del Popolo (n. 18 dell’a. I, datato 7 giugno 1863), del quale era gerente responsabile Salvatore Curcio e si stampava presso lo stabilimento tipografico De Angelis, al vico Pellegrini, 4, si legge:
“In una delle recenti sfornate di Lazzari Mauriziani leggevasi la promozione a Commendatore di varii Cavalieri addetti alle Corti di Appello del Regno d’Italia.
Queste promozioni son frutto del come certi magistrati servono il Governo, mettendo il bavaglio alla libera stampa, della quale mostra di aver tanta paura un governo che si dice nato e forte della pubblica opinione.
E la paura va fino agl’innocenti epigrammi di un giornaletto umoristico… Infatti dopo tanto scalpore menatosi per Pulcinella, dopo che un Pulcinella è difensore, nel campo giornalistico, del ministero, è giusto che il governo tremi che la Patria sia in pericolo per le caricature e i mottetti di uno scrittore ameno.
Noi abbiamo saputo che a Torino – nelle sfere dei pagnottisti – siasi menato un po’ rumore per la Pagnotta la quale svela trame, lo scopo e i maneggi degli uomini della consorteria.
Ciò ne spiega la fretta con la quale il Fisco s’è fatto a sequestrare due numeri in una volta di quel giornaletto!
La Pagnotta di Napoli non può piacere a Torino, dove il monopolio delle pagnotte dev’essere esclusivo. Quindi va distrutta. Tre sequestri come è in Francia sotto l’Imperiale padrone compiranno la grand’opra!
Ad ogni modo, noi esortiamo il confratello, a non lasciarsi scoraggiare da queste persecuzioni governative – e tanto meno dalle basse calunnie, le quali non potranno giammai, addentare scrittori noti per ingegno e patriottismo di cui dettero ampie prove in tempi in cui coloro che disprezzano la Pagnotta di Carta, perché l’amano di tutt’altra materia, erano ad inneggiare ai Borboni – come oggi inneggiano all’Italia; – o in sicuro, lungi dal loro paese, in ozio beato, con occhio indifferente assistevano alle nostre sventure.
Queste parole ci son dettate dallo spirito di confraternità che abbiamo con la Redazione della Pagnotta e dal bisogno di sostenere la libertà della stampa”.
I lettori potranno commentare quanto riportato. Noi diciamo che i pagnottisti esistevano in quei tempi non ai nostri. Diciamo ancora che non esistono più penne vendute, perché non devono leccare i potenti di turno e… fate un po’ voi.
Un interrogativo lo poniamo a conclusione: Bisogna riscrivere la storia ufficiale o no?
Giuseppe Abbruzzo