La Lega e la crisi progressiva dei consensi, frutto della rinuncia ad alcuni cavalli di battaglia storici

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I sondaggi sono sempre più impietosi sul calo di consensi della Lega.

Al pari di Forza Italia, Matteo Salvini si trova a fronteggiare una crisi progressiva di consensi.

Le ragioni di questa crisi non possono essere riconducibili solo a delle battaglie interne e quindi a un fuoco amico. La ragione principale, a nostro giudizio, è la progressiva rinuncia ad alcune tematiche a cui l’elettorato leghista è sempre stato particolarmente sensibile. Sono mesi che Salvini non affronta più alcuni argomenti, diventati tabù.

Alzi la mano chi ha sentito il leader della lega affrontare più la tematica dei migranti o quella delle pensioni, due argomenti particolarmente dibattuti in campagna elettorale. I migranti sono un nervo particolarmente scoperto e i dati impietosi degli ultimi mesi dimostrano un’impennata vertiginosa degli sbarchi rispetto a un anno fa. Un contrappasso incredibile per una forza che aveva fatto della riduzione del blocco degli accessi quasi un motivo esistenziale. Le recenti dichiarazioni del ministro Giorgetti a proposito della prossima finanziaria, lasciano intendere che quota 41, altro punto di forza della Lega, verrà probabilmente sacrificata e che la tanto giustamente odiata Fornero continuerà a restare in auge, con buona pace di quei lavoratori che speravano di lasciare il lavoro prima dei 67 anni. In pratica l’impatto con la realtà dell’attuale governo ha ricondotto a ridimensionare tutti i cardini del loro programma. In un siffatto scenario,  il minimo che ci si possa aspettare è un progressivo abbandono, perlomeno di quell’elettorato più radicale e forse anche più genuino che aveva creduto in quelle tematiche. Si sta verificando a destra quello che da tempo, ma soprattutto nell’ultimo anno, si è verificato all’interno del PD, ossia un’emorragia di consensi legata ad un allontanamento delle tematiche di sinistra e una scarsa condivisione con le altre forze dell’area su tematiche sociali che vanno dal Welfare alla lotta alla precarietà, fino alla politica internazionale e al sostegno incondizionato indefinito all’invio di armi in Ucraina, in assenza di qualsivoglia prospettiva di dialogo da entrambe le parti. Se tutto ha un prezzo, bisogna riconoscere che il costo maggiore lo stanno sostenendo quelle forze, da entrambi gli schieramenti, da cui ci si aspettava – ciascuno dal proprio punto di vista – prese di posizioni più forti e identitarie.

L’aspetto forse più bizzarro di tutta questa condizione è che a destra perdita di consensi non oltrepassa lo schieramento e finisce per avvantaggiare il partito più forte. A sinistra, la crisi del PD e la perdita di consensi finisce per disperdersi in  mille rivoli, con l’ovvia conseguenza di un esercito sgangherato e privo di qualsiasi prospettiva unitaria. La democrazia si nutre di consensi ma i movimenti più identitari hanno bisogno, per sopravvivere, di un minimo di coerenza e di adesione ad alcuni principi programmatici, abbandonati i quali, tutto diventa confuso e informe.

Massimo  Conocchia

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