W la pagnotta!
La pagnotta è importante. Il popolo diceva: – Si fatìga ppe’ la pagnotta! – (Si lavora per la pagnotta!). Questo, però, lo diceva chi lavorava e chi no, cosa faceva?
In Firenze si pubblicava un periodico la cui testata era Lo zenzero. Sul n. 72 del 29 maggio 1862, si legge, in apertura, qualcosa di interessante. Si era, come si vede a pochi anni dall’Unità e già c’era chi s’arrabbattava per assicurarsi la pagnotta.
Chi la inventò? – chiederanno gli amabili lettori – Ecco la risposta:
“La Pagnotta – scrive il redattore del citato giornale – è antica quanto il padre Adamo, che dopo il peccato costretto a coltivare la terra, ne raccolse il frumento, e cosse alla meglio delle schiacciate sotto la cenere, il panis sub Cinericens della Scrittura. I suoi discendenti riconobbero la necessità di codesto cibo, ed avendolo migliorato, seguitarono a mangiare la quotidiana pagnotta senza altro. Un giorno Helchisedecco, sacerdote e Re la consacrò al Signore nella valle di Sad, e da quel momento la Pagnotta ricevé un culto quasi divino, che si accrebbe coi secoli, e che ora specialmente in Italia ha più proseliti di ogni altra religione.
Difatti noi vediamo coi capelli ritti una turba magna, dandosi degli urtoni e degli scambietti accorrere di ogni lato ai forni del Governo e delle Comunità, pigliandovi certe satolle da sfidarne il Cerbero e la Lupa di Dante”.
I Pagnottisti sono di diverso tipo e lo specifica bene il redettore del giornale fiorentino:
“Tra i Pagnottisti ve ne sono dei celati, vale a dire aspiranti, che si contentano di annusare, e topi romiti che come quel della favola, stanno racchiusi in un cacio marzolino, e rosicchiano a tutta possa. Ma di questi tali, se a prima giunta non si conoscono bene, confrontando poi i fatti coll’aspetto, facilmente se ne disvela la mal celata natura. Quel soldatone per esempio pieno di croci e di gesta che eseguisce a bacchetta gli ordini, i contrordini e i disordini di chi paga, quegli è un Pagnottista. Colui, uomo di stato, che dice di voler morir povero e compra ville e poderi, è un pagnottista. Quel deputato che sorride ad ogni detto del Ministro, ed arriccia il ninfolo quando parla Brofferio (ndr 1802-1866 – fu noto politico), aspetta l’adorata pagnotta di una Prefettura. L’uomo dei caffè e delle piazze che esalta sempre il Ministero che corre, leva al cielo ogni atto governativo, e declama contro i Liberali spinti che vogliono rovinare l’Italia e sono venduti all’Austria, il tapinello vocia tanto, per digerire una pagnotta di segale.
In quanto ai pagnottisti manifesti, due classi precipuamente si raccomandano all’attenzione del pubblico, cioè quella di alcuni Giornalisti, e quella degl’Impiegati.
Il giornalista della pagnotta si scuopre prima di tutto colla oscillanza della opinione. Non avendone una propria, l’accatta via via dai padroni, e quante volte essi mutano, altrettante varianti tu vedi nelle colonne del suo foglio. Inoltre insinua sempre la pace e l’ordine, e solamente chiede che provvisoriamente siano impiccati i suoi avversari. Esalta l’esercito e fa bene, ma scredita i volontari e i lor prodi condottieri con subdole tergiversazioni. Spaccia ogni ora diplomatiche speranze tarpa i discorsi del Parlamento; inventa i dispacci; temporeggia quando vi è pericolo; ninnola, ciancia, adula, lusinga, calunnia tutti i caratteri del favorito in livrea”.
Altri tempi! Oggi tutto questo non si verifica più. O no?!
Giovedì 21 maggio 1863, apparve a Napoli il I° numero de La pagnotta, che aveva come sottotitolo: Giornale ultraserio con caricature. Il fondatore era stato ispirato dall’articolo della testata fiorentina?
Questo giornale, mettendo in berlina pagnottisti e “fornai” non poteva avere vita facile e vari numeri furono sequestrati, anche se ci hanno sempre detto che i Savoia non si macchiavano di tanto misfatto.
Giuseppe Abbruzzo
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