Vitamina D: a cosa serve, alimenti più ricchi, fabbisogno e carenza

La vitamina D è una vitamina liposolubile, viene quindi accumulata nel fegato e non è dunque necessario assumerla con regolarità, attraverso i cibi, dal momento che il corpo la rilascia a piccole dosi quando il suo utilizzo diventa necessario.

In natura, la vitamina D esiste in due varianti:

  • la vitamina D2 (chiamata anche ergocalciferolo), presente prevalentemente nei vegetali (frutta, verdura e funghi)
  • la vitamina D3 (chiamata anche colecalciferolo) che viene sintetizzata dalla pelle a partire dal precursore 7-deidrocolesterolo in seguito all’esposizione ai raggi solari.

Per produrre la quantità di vitamina D3 necessaria per un efficiente funzionamento dell’organismo sono sufficienti 15 minuti al giorno di esposizione al sole, senza aver applicato creme contenenti filtri di protezione dai raggi ultravioletti (UV).

A che cosa serve la vitamina D?

La vitamina D è essenziale per una corretta mineralizzazione delle ossa e dei denti durante l’accrescimento e per mantenere un’adeguata massa ossea e l’integrità dello smalto nel corso della vita adulta.

Inoltre, la vitamina D contribuisce a mantenere normali livelli di calcio nel sangue, attraverso una fine regolazione della liberazione e del deposito di questo minerale nelle ossa, che ne rappresentano la principale forma di immagazzinamento nell’organismo.

Oltre a garantire il mantenimento della salute delle ossa, la vitamina D impedisce al calcio di depositarsi in altri tessuti del corpo, come i reni, le arterie o le cartilagini ossee, dove potrebbe determinare disfunzioni e patologie severe (arteriosclerosi, calcificazioni tissutali ecc.).

Il calcio, inoltre, è un neurotrasmettitore fondamentale per assicurare una corretta contrazione del cuore e degli altri muscoli dell’organismo. L’azione di regolazione dei livelli di calcio nel sangue da parte della vitamina D è quindi importante anche per contribuire al mantenimento della normale funzionalità muscolare.

Diversi studi hanno dimostrato che la vitamina D contribuisce anche alla normale funzione del sistema immunitario, potendo contribuire così alla protezione dalle infezioni.

In quali alimenti è presente la vitamina D?

I cibi comunemente inseriti nella dieta, in generale, non rappresentano buone fonti di vitamina D. Tuttavia, un consumo regolare di quelli che ne sono più ricchi può, in parte, contribuire a controbilanciare l’insufficiente produzione di vitamina D3 da parte della pelle nei periodi di minore esposizione al sole, come in inverno o quando non si può passare abbastanza tempo all’aria aperta durante il giorno a causa di malattie, condizioni metereologiche sfavorevoli, impegni professionali ecc.

Tra gli alimenti che contengono le maggiori quantità vitamina D ricordiamo: – alcuni tipi di pesce (salmone, aringa, sgombro, sardine e in generale tutti i pesci dei mari del Nord, ricchi anche di grassi omega-3 benefici per il sistema nervoso e l’apparato cardiovascolare – il fegato di suino – il latte e lo yogurt interi – il burro – i formaggi grassi – le uova – le creme a base di latte e/o uova.

La principale fonte vegetale di vitamina D è, invece, rappresentata dai funghi, mentre la verdura e la frutta ne contengono molto poca e sempre nella variante meno biodisponibile (vitamina D2).

L’olio di fegato di merluzzo, tradizionale rimedio contro il rachitismo prima della messa a punto di integratori nutrizionali e farmaci specifici a base di vitamina D3, non deve essere considerato tanto una fonte alimentare, quanto una vera e propria supplementazione, da assumere con criterio e seguendo le indicazioni del medico per non incorrere in fenomeni di sovradosaggio e tossicità.

La vitamina D viene in grande parte accumulata dal nostro organismo attraverso l’esposizione ai raggi solari e va integrata solo in situazioni particolari, legate alla crescita, alla gravidanza e all’allattamento.

Qual è il fabbisogno giornaliero di vitamina D?

Il fabbisogno giornaliero di vitamina D varia a seconda dell’età. Il fabbisogno giornaliero di vitamina D è di 400 unità al giorno, in assenza di fattori di rischio. Le dosi possono variare e arrivare fino a 1.000 unità al giorno in presenza di fattori di rischio o deficit.

Carenza di vitamina D

Dal momento che la vitamina D interviene nella regolazione di innumerevoli funzioni metaboliche fondamentali, un suo apporto insufficiente protratto abbastanza a lungo e i bassi livelli di vitamina D nel sangue che ne derivano possono portare allo sviluppo di innumerevoli disturbi e disfunzioni.

I possibili e più severi sintomi di una grave carenza di vitamina D in età pediatrica sono soprattutto il rachitismo e lo sviluppo di fragilità e malformazioni ossee.

In età adulta, soprattutto nella donna a partire dai 40-45 anni e in entrambi i sessi dopo i 55-60 anni, bassi livelli di vitamina D nel sangue promuovono la perdita di massa ossea (osteopenia) e lo sviluppo di osteoporosi, con conseguente maggiore propensione alle fratture e a deformazioni scheletriche, nonché debolezza muscolare e dolori intercostali.

Oggi, nei Paesi occidentali, situazioni di grave carenza di vitamina D sono rari. Purtroppo, lo stesso non si può dire per deficit relativi, comunque dannosi per la salute delle ossa e il benessere di tutto il corpo.

Al contrario, la probabilità di andare incontro a situazioni di sovradosaggio della vitamina D attraverso la sola dieta o con integratori alimentari correttamente assunti e formulati è remota. Non esistono, infatti, cibi di uso comune che possono provocare un eccesso di vitamina D nel sangue e tutti i supplementi autorizzati dal Ministero della salute, presi secondo le indicazioni riportate sulle confezioni, contengono quantitativi di vitamina D3 assolutamente in linea con il fabbisogno di persone adulte sane.

Casi di intossicazione, molto rari, si possono verificare a seguito di un’integrazione errata e francamente eccessiva (anche con olio di fegato di pesci del mare del Nord, come il merluzzo) o di un’inappropriata assunzione di vitamina D attraverso farmaci ad alto dosaggio prescritti dal medico a scopo terapeutico.

Per evitare questi rischi è sufficiente seguire le indicazioni di dosaggio fornite dalle aziende produttrici e/o dal medico ed eventualmente ripetere la misurazione dei valori di vitamina D nel sangue dopo un primo periodo di supplementazione.

I sintomi e i disturbi derivanti da un apporto eccessivo di vitamina D possono essere generici e comprendere, per esempio, nausea, diarrea e debolezza, oppure più specifici, come ipercalcemia, alterazioni renali (nefrocalcinosi) e calcificazione dei tessuti molli.

Eccesso di vitamina D

L’eccesso di vitamina D può provocare una calcificazione diffusa a livello dei vari organi, con conseguente vomito, diarrea e spasmi muscolari.

Quali comportamenti possono provocare una carenza di vitamina D?

Dal momento che la maggior parte della vitamina D viene recepita dai raggi del sole, una carenza di questa vitamina può derivare da comportamenti che impediscano l’esposizione al sole, come il vestirsi troppo coperti, l’utilizzare protezioni solari troppo elevate o restare al chiuso per lunghe ore.

La vitamina D viene “dispersa” anche a causa di comportamenti poco sani come l’abuso di alcol e il consumo di sostanze stupefacenti. Inoltre, l’uso di certi farmaci può influire sulla quantità di vitamina D custodita dal nostro organismo.

Antonia Cassavia

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