Ancora sugli esperimenti di volo in Italia
In un giornale, che si pubblicava in Toscana agli inizi di gennaio 1784 si riporta, a proposito degli esperimenti di volo che si portavano avanti in quegli anni:
“Dopo varie prove state fatte privatamente da diversi dei nostri Fisici nell’inalzamento dei palloni volanti, ed oltre quelle che attualmente dai medesimi sono poste in ordine, e preparate nel dì 18 dopo il mezzo giorno riuscì finalmente al Sig. Francesco Henrion Pistojese Architetto Pittore impiegato nell’Archivio delle Decime Granducali di farne sollevare uno dall’orto del Sig. Corona presso il Ponte alla Carraja, ove il suddetto ha la propria abitazione. Il pallone di cui si parla s’inalzò felicemente a circa 4 mila piedi sempre in perpendicolo al posto di dove fu rilasciato; prese quindi la direzione a mezzo giorno, e percorse uno spazio di mille piedi, e poi a Ponente per altri 3 mila piedi, essendo finalmente caduto dentro le mura della Città”.
Si chiederà come era fatta questa macchina volante e di quale materiale. Il cronista soddifa la curiosità: “Era questo globo aereostatico formato di carta, di una non indifferente grandezza, e di bella figura; avendo non poco sodisfatto questo pubblico, che si portò in folla ad osservarlo. Il prelodato Architetto ha eseguito tutto ciò per un suo privato esperimento a proprie spese, e si offerisce di costruirne altri simili, quando per soscrizione, o in altra guisa gli sia assegnata la somma di trenta zecchini per ciaschedun pallone. Si esibisce inoltre di formarne ancora di drappo ingommato, e stabile, capace di potere inalzare in aria delle persone, sempre che egli ritrovi delle sottoscrizioni fufficienti alla spesa necessaria”.
Altri esperimenti di volo vedono impegnati monaci e laici. Ecco altro esperimento portato avanti in quel mese e in quell’anno riportato dallo stesso giornale: “Il P. Lettore D. Bernardo De Rossi, unitamente al P. Lettore D. Agostino da Rabatta, e a D. Luigi De Rossi di questa Badia de Monaci Benedettini Cassinensi dopo di aver preparato un globo aereostatico, fissarono di farlo sollevare nella mattina del dì 22 del corrente (ndr gennaio 1784). In atti sparsasi la voce di tale esperimento, numerosissima fu la folla del popolo, che si adunò per osservarlo non solo dentro il Monastero, di dove fu inalzato, quanto ancora in varie piazze, e torri di questa Città. Molti soggetti distinti e per Nobiltà, e per sapere, facevano corona al posto ove era preparato il sopraddetto globo, che dovea riempirsi d’aria infiammabile. Egli era composto d’una sottilissima membrana conosciuta sotto il nome di pelle da Battiloro, ed il suo diametro di un braccio, e mezzo, e del peso di due oncie. Ognuno ammirò la facilità del meccanismo di cui si servirono quei Filosofi per riempirlo. Era fissato il pallone sopra un imbuto immerso totalmente nell’acqua in un adattato recipiente, situazione che escludeva e dall’imbuto e dal globo qualunque porzione d’aria atmosferica. Intanto essendo già preparata l’aria infiammabile in diversi fiaschi di vetro, estratta dalla limatura di ferro per mezzo dell’acido vitriolico, allora quando vollero insinuarla nel nominato pallone, altro non fecero che rivoltare la bocca di tali fiaschi col sommergersi nell’acqua uno alla volta verso il soprapposto imbuto, perloché penetrando l’acqua dentro il medesimo fiasco, veniva questa ad escludere l’aria infiammabile, che attraversando per l’acqua medesima ascendeva con forza nell’interno del globo. Allora quando parve di dovere porre in effetto l’inalzamento fu legato il collo del pallone, e rilasciato in libertà con molta approvazione degli astanti si vide maestosamente andar per aria fra gli applausi ben dovuti agli esatti sperimentatori. È da notarsi che il tempo impiegato per riempirlo non eccedé i 24 minuti, e che l’aria adoprata per tale effetto fu di 5 barili, e 11 fiaschi. Il globo aereostatico appena, che ebbe superata l’altezza degli edifizi vicini si diresse verso Ovest, S. Ovest e declinò sempre inalzandosi verso il Nord, nella qual direzione fu perduto di vista dagli spettatori nel tempo di 3 minuti, e 58 secondi, dal qual calcolo si può dedurre, che s’inalzasse almeno per 500 tese Parigine, non essendosi per anche ritrovato”.
Lo stesso cronista ci dà notizia di altro esperimento: “Nella mattina poi de’ 23 (ndr. gennaio 1784) il Sig. Francesco Henrion avendo preparato altro globo aereostatico, lo ha fatto inalzare nel R. Giardino di Boboli alla presenza del R. Gran Duca nostro Sovrano: era questo della circonferenza di braccia 22, formato di carta della più debole qualità, e fu ripieno in brevissimo tempo: venne inalzato allor, che cadeva una copiosa neve, ascese colla maggior velocità, si perse di vista, né si sà dove sia andato a cadere”.
Nel febbraio 1784 non si parlava d’altro che di macchine volanti. In una corrispondenza da Brescia a Notizie dal mondo si legge: “Oggimai dappertutto nelle letterarie conversazioni dei Dotti, e nelle assemblee degli Indotti non si parla d’altro, ed universalmente dagli Studiosi d’altro non si scrive, che della strepitosa invenzione, o per dir meglio della innovazione dei pensieri d’antichi autori, e particolarmente dei progetti teorico pratici dati alla luce, nel secolo prossimo passato, dal nostro P. Francesco Lana Gesuita, che facilitarono la strada al Sig. Montgolfier di comporre la tanto celebrata sua Macchina volante. Anche in Brescia per secondare il desiderio di molti, è uscito or ora dai Torchi di Pietro Vescovo la prima lettera scritta dal Sig. Abb. Gasparo Turbini Architetto intorno alla nuova scoperta del Globo Aerostatico, ed è accompagnata da due Tavole in rame, che esprimono la maniera facile, con cui si potrebbe dirigere il Globo a piacimento dei viaggiatori per linea orizzontale; ma egli non s’intende di assicurare l’assoluta riuscita del suo progetto, se non dopo che si avranno poste in pratica le necessarie sperienze. La seconda lettera, che l’anzidetto Sig Turbini promette di dare frà non molto tempo, verserà intorno alla varia costruzione, ed all’uso della Macchina medesima, ed indicherà le diverse composizioni del così detto Gaz, e del Fumo. Esso Sig. Abb. non è altrimenti persuaso, che questa benché prodigiosa Macchina abbia da sortire tutti quei grandiosi profittevoli effetti, che tuttora dal volgo si presumono. Egli dimostra non senza fondate, ed evidenti ragioni, che il presente fanatismo universale avrà poco lunga durata: anzi conchiude finalmente, che nel caso lontanissimo, che la prelodata Macchina potesse condursi in istato di qualche pubblico leggier servigio, dalla civile, e moral prudenza, e dalla sovrana politica ne verranno tosto contrariati, e proibiti i di lei fausti progressi”. L’abate non fu presago.
Giuseppe Abbruzzo