Don Giuseppe Villani, un parroco di periferia
Giuseppe Villani nasce il tre aprile del 1881 a San Marco in Lamis, piccolo centro in provincia di Foggia, da Antonio Villani e Maria Filomena D’Alessandro. Gli anni della sua prima infanzia non sono dei più felici: infatti, il piccolo Giuseppe rimane orfano piuttosto presto di entrambi i genitori. Viene, allora, accolto in casa propria dagli zii materni Matteo Tancredi e Rosa D’Alessandro, i quali avevano già un’altra figlia, di poco più piccola di Giuseppe, di nome Carmela. Il giovane Giuseppe ha un’intelligenza vivace e una forte propensione allo studio, tanto da indurre gli zii a compiere ogni sacrificio pur di riuscire a mandarlo a scuola. Non era cosa facile, nel Sud Italia del primo Novecento, affrontare l’onere economico che comportava la prosecuzione del percorso scolastico oltre le cinque classi elementari. Ma in lui, in quegli anni si manifesta anche il desiderio di una vita diversa, una vita totalmente dedita al Signore e alla preghiera. Le notizie circa la sua Vocazione piuttosto precoce, ci sono giunte tramite la testimonianza orale delle sue nipoti, Maria e Rosa, figlie di Carmela. L’Archivio della Provincia dei Frati Cappuccini di Foggi ci ha trasmesso come Giuseppe all’età di diciannove anni, viene vestito dell’abito francescano, il 22 luglio 1900; professato con voti temporanei il 22 luglio 1901 e con voti solenni il 22 luglio 1904. Viene promosso allo studio di Filosofia il 30 settembre del 1902 ed a quello di teologia nell’aprile del 1903. Assunto il nome di Padre Serafino, riceve gli ordini minori a Larino il 28 maggio 1904, da Mons. Bernardino di Milia; riceve il suddiaconato a Lucera il 25 luglio 1904, da Mons. Giuseppe Consenti; riceve il diaconato a Morcone il 7 agosto 1904, da Mons. Benedetto Maria Della Camera. Viene ordinato sacerdote a Marcone il 15 agosto 1904, da Mons. Benedetto Maria Della Camera. Successivamente ricevette l’approvazione per la predicazione il 17 ottobre 1907 e venne autorizzato per la Confessione nella Diocesi di Manfredonia. Successivamente, da vero testimone della Fede, per molti anni percorse l’Italia meridionale, particolarmente in Campania. Don Villani “alias” Padre Serafino visitò spesso anche la Calabria, la Basilicata e, naturalmente, varie zone della Puglia. Intorno agli anni ’20, per ragioni che, purtroppo, non sono giunte fino a noi, egli maturò la scelta di lasciare l’abito del poverello d’Assisi e così, l’8 agosto 1922, chiese ed ottenne il processo di secolarizzazione, ad experimentum per biennium. Fu così che, accantonati, ma mai rinnegati, le vesti di Frate Serafino, Giuseppe si riaffacciò al mondo nella nuova veste di solo sacerdote, con sguardo ottimista al futuro che lo attendeva, avendo sempre come maestri il Sacro Cuore di Gesù e la Vergine Maria, cui era molto devoto. Trovandosi nella provincia di Cosenza, quando ottenne la possibilità di uscire dall’Ordine del Frati Minori Cappuccini, il 14 settembre 1922, Sua Eccellenza Monsignor Scanu, Vescovo di San Marco – Bisignano, con la collaborazione di Monsignor Francesco Maria Greco, Arciprete di Acri, lo nominò parroco della nascente parrocchia di S. Giacomo apostolo, in S. Giacomod’Acri, eretta canonicamente come tale solo un anno addietro, il 15 maggio 1921. Giuseppe Villani, quando arrivo nella frazione acrese, aveva 41 anni e fu il primo parroco. La situazione che si trovò a dover affrontare era, a dir poco, tragica: la divisione delle rendite con la vecchia parrocchia di Santa Maria Maggiore era difficoltosa, egli dovette mercanteggiare e non poco per l’assegnazione delle zone limitrofe a S. Giacomo, ma, con puntiglio e competenza, la spuntò; la chiesa, intesa come edificio, era piccola, non vi era canonica ma solo una piccola sacrestia, niente mobili, pochi anche gli arredi sacri; non vi erano strade di collegamento, solo mulattiere e sentieri che tagliavano per i boschi circostanti; non vi era elettricità, niente acqua corrente, tanta povertà. Il 24 ottobre 1926 una tempesta fece crollare parte del tetto della chiesa, già reso instabile dal terremoto del 1908, per fortuna senza conseguenze per le persone presenti in quel frangente; fu un’avvisaglia, il preludio a ciò che sarebbe successo qualche anno dopo.
Il 18 aprile del 1935, nella notte del giovedì Santo, un incendio divampò nella chiesetta, le fiamme trovarono terreno fertile nel legno del tetto e delle statue, divorando tutto in poco tempo, nonostante il tempestivo intervento del parroco, della sua famiglia e della popolazione, accorsa in massa anche se era notte fonda. Il fuoco distrusse tutto, si salvarono solo la statua della Madonna Addolorata che fu portata ad Acri, nella Chiesa Parrocchiale della SS. Annunziata e restituita solo nel 1997, e la Madonna del Carmelo, tuttora custodita in chiesa. Non vi furono danni fisici per don Giuseppe e famiglia, che ormai da tempo l’aveva raggiunto. Da questo momento in poi don Giuseppe cominciò con convinzione a cercare fondi per ricostruire ciò che l’evento catastrofico aveva portato via: in primis, vi fu la necessità di comprare il terreno che avrebbe costituito il sagrato della chiesa e che apparteneva alle famiglie Falcone e Foggia; bisognava procurarsi materiali per la ricostruzione e la mano d’opera la offriva il popolo i parrocchiani tutti. Ardeva nel suo intimo il desiderio di dare ai sui parrocchiani, una Chiesa. Nei suoi scritti evidenzia come “questa si chiamava Chiesa, ma non era neppure una degna stalla. Mura a strapiombo per la corruzione del tempo e pel terremoto del 1905; aperta all’acqua, al vento, alla neve, ai detriti caduti dal tetto sul corporale e nel calice”. Intanto le condizioni di salute del buon parroco peggioravano, tanto che nel 1949 gli fu inviato in aiuto don Luigi Bova sostituito, nel 1951, da don Mario Brunocilla, il quale sarebbe poi rimasto come parroco di S. Giacomo dopo la morte di don Giuseppe. Don Giuseppe era un combattente, non si rassegnava al mutismo delle istituzioni, egli pretendeva di veder rispettati i diritti dei suoi parrocchiani e, spesso, dalle istituzioni comunali, fu accusato di fomentare gli animi e provocare “rivolte”, ricevendo altrettanto spesso inviti alla moderazione da parte delle autorità ecclesiastiche. Ma era anche un uomo colto, il quale credeva fermamente che l’unico metodo per affrancarsi da una vita di stenti e prevaricazioni, era, per i poveri, quello di imparare a leggere e scrivere, ripetendolo spesso a chi gli stava intorno. Giuseppe Villani tornò alla casa del Padre il primo marzo del 1956, fiaccato dalla malattia che lo aveva reso cieco da diversi anni. Il suo desiderio più grande fu quello di poter dare un luogo in cui sentirsi in piena comunione con Dio alle anime che la Provvidenza gli affidò, desiderio che solo in parte poté vedere realizzato. Don Mario Brunocilla, di lui così scrive: “Trentaquattro anni di apostolato, consumati in questa Parrocchia! Soltanto il Signore e chi è stato al tuo fianco può valutare il sacrificio, il tuo sacrificio. Solitudine…sacrifici…privazioni…incomprensioni… Questo quadrinomio hanno accompagnato, lungo i sentieri impervi della vita, lungo le estenuanti marce di apostolato, la figura luminosa di D. Peppino Villani. Ed ancora, l’uomo, il sacerdote e l’amico che l’aveva assistito ed a cui si era legato in modo filiale, annota così dell’ultimo periodo di vita del caro don Villani dicendo che “i tre mesi a letto furono la via dolorosa che insieme alla pazienza e ad una ammirabile rassegnazione, fecero del caro D. Giuseppe, un martire. […] Come bramava celebrare la Santa Messa. La tua Messa, o caro D. Giuseppe, l’hai celebrata certamente in Paradiso.
A lui oggi è dedicato lo spazio verde adiacente alla Chiesa parrocchiale, inaugurato da Mons. Francesco Nolè, il 16 maggio 2021, in occasione dei festeggiamenti del primo centenario dell’erezione canonica della parrocchia. Le sue testimonianze sono raccolte nell’Archivio Storico Parrocchiale, nato per la ricostruzione storica della parrocchia, che ha prodotto e pubblicato un testo sempre per il primo centenario, intitolato “Ab ecclesia condita”.
Angelo Girardi, Don Espedito De Bonis e il gruppo di studio dell’anno parrocchia