La presenza di Silvio Berlusconi

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La morte di Silvio Berlusconi rappresenta, ed in questo bisogna essere intellettualmente onesti, la fine di un’era politica e non solo per l’Italia.

Berlusconi, nel bene e nel male, a seconda dei giudizi che ognuno voglia dare sulla persona e sull’uomo politico, ha calcato tutta la scena del Paese negli ultimi decenni.

Imprenditore edile di successo, creatore del primo network televisivo privato, che ha rotto il monopolio della Rai, nel 1994 è riuscito in un’impresa su cui pochi avrebbero scommesso.

La sua discesa in campo ha cambiato, stravolgendoli con una forza dirompente, tutti gli schemi ed i paradigmi della politica, modificando assetti d’area difficili da delinearsi in quel periodo storico, introducendo un nuovo linguaggio della condotta politica, semplificato, asciutto, che parlava direttamente alle persone.

Qualcuno ha affermato che con Berlusconi è nato il populismo in Italia.

È presto, vista la complessità del personaggio ed il lungo orizzonte temporale in cui si è esplicata la sua azione, per poter dare giudizi definitivi.

In questo, si peccherebbe di superficialità verso un fenomeno, come quello politico, in cui solo il tempo e la completa elaborazione ed analisi degli eventi, permettono di giungere ad una sintesi il più vicina possibile all’obbiettività, traducibile poi in dato storico.

Quello che è certo è che Berlusconi ha dato il via alla Seconda Repubblica, nata dalle ceneri della Prima, in cui lo stesso ha rappresentato, sia per la maggioranza che per l’opposizione, il perno centrale dei diversi movimenti che si sono registrati.

Ma la sua presenza è andata oltre, andando a riempire gli spazi della quotidianità degli italiani.

Non ci sono stati giorni in cui Silvio non sia stato presente.

La sua forza è stata la sua persona, in cui molti si sono riconosciuti ed altri opposti.

Adesso ed in futuro, dopo la sua morte, si faranno reminiscenze, pentimenti, conferme, livori, amarezze o forse rimpianti.

A ciascuno il suo.

Perché in Berlusconi ognuno di noi si è definito, ora per identificazione ora per contrapposizione.

Citando Giorgio Gaber ci siamo confrontati e ci confronteremo, non tanto con Berlusconi in sé quanto con Berlusconi in me.

Un’idea con la quale ciascuno, persino coloro che si impuntavano per non farlo, si è accostato ogni giorno, attaccandola, condividendola, sognandola, deridendola.

L’uomo è stato talmente presente da diventare qualcosa di astratto, sfuocato, perciò preciso.

Una persona che per decenni abbiamo quotidianamente visto, scrutato e definito, attraverso la quale, che ci piacesse o meno e senza troppo accorgercene, abbiamo finito per definire noi stessi.

Nel bene e nel male.

Alla fine, citando monsignor Delpini nella sua omelia, un uomo che ora ha incontrato il giudizio di Dio.

Angelo Montalto

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