Reflusso gastroesofageo: sintomi, rimedi e dieta da seguire

Ne soffrirebbe 1 italiano su 4, secondo stime recenti. Ci riferiamo alle conseguenze del reflusso gastroesofageo, un fenomeno del tutto fisiologico quando è circoscritto, ma che assume connotazione di patologia – la malattia da reflusso gastroesofageo o MRGE, appunto – se gli episodi di risalita del contenuto acido gastrico in esofago si ripetono con eccessiva frequenza e, per tale ragione, provocano sintomi.

La delicata mucosa che riveste internamente l’esofago è infatti molto diversa da quella dello stomaco e non è “progettata” per resistere all’azione aggressiva dei succhi gastrici. Protratta nel tempo, l’infiammazione della mucosa esofagea (esofagite) così provocata può persino dare luogo a complicanze, le più gravi delle quali sono l’esofago di Barrett, una condizione precancerosa, e il tumore dell’esofago.

Reflusso gastroesofageo: i sintomi. In presenza di un’alterata funzionalità dei meccanismi antireflusso di cui naturalmente disponiamo (sfintere esofageo inferiore, diaframma), la protezione offerta da tale barriera anatomica viene meno e il rigurgito di contenuto acido gastrico in esofago è reso possibile con facilità. Un difetto anatomico di frequente riscontro nei pazienti sofferenti di MRGE è la presenza di ernia iatale, ossia la risalita nel torace di parte dello stomaco dalla sua normale sede, l’addome, attraverso il diaframma.

L’azione irritante del materiale gastrico sulla mucosa esofagea provoca sintomi tipici (bruciore dietro lo sterno, rigurgito acido) e atipici (dolore toracico, difficoltà respiratorie, tosse stizzosa, raucedine, sensazione di nodo in gola, difficoltà di deglutizione, addirittura otiti e disturbi a carico dei denti). A dispetto di quanto il nome potrebbe suggerire, alcuni di questi ultimi sono assai diffusi tra i soggetti con malattia da reflusso. In presenza di sintomi “alti”, si parla a volte di reflusso laringofaringeo.

I farmaci antireflusso: ottimi, ma non innocui

Una larga fetta della spesa farmaceutica degli italiani è rappresentata dagli inibitori della pompa protonica (IPP), molecole dall’azione gastroprotettiva quali omeprazolo, pantoprazolo, lansoprazolo, esomeprazolo. Si tratta di una delle categorie di medicinali più prescritte in assoluto, ormai pure in libera vendita. Agiscono bloccando la produzione di acido cloridrico nello stomaco e costituiscono una delle terapie elettive per il reflusso (nonché della gastrite e dell’ulcera peptica).

La soppressione della produzione di succhi gastrici non è pero priva di conseguenze: la letteratura clinica riporta numerosi effetti indesiderati dell’uso prolungato degli inibitori di pompa protonica, che infatti le linee guida recenti invitano a prescrivere per il periodo più breve possibile.

Diversi studi osservazionali suggeriscono che l’uso di protettori gastrici si associa a un maggior rischio di infezioni dell’apparato gastrointestinale, come quelle, temibili, da Clostridium difficile; di insufficiente assorbimento, e quindi carenza, di vitamina B12, magnesio e calcio (particolarmente critico, tra gli altri, per i soggetti a rischio di osteoporosi e fratture ossee); di polmoniti e patologie renali, specie nella popolazione anziana. Recentemente è stata persino ravvisata la possibilità che l’assunzione di farmaci antisecretivi aumenti il rischio di ammalarsi di COVID-19 (Almario CV, Chey WD & Spiegel BMR, Increased risk of COVID-19 among users of proton pump inhibitors, Am J Gastroenterol, 2020 Oct;115(10):1707-1715).

Alimentazione, rimedio vincente contro il reflusso esofageo

Non sorprenderà quindi sentire professionisti della salute che invitano a ricorrere preferenzialmente, ogni qualvolta sia possibile, a modifiche dello stile di vita per la gestione della malattia da reflusso gastroesofageo, prima tra tutte una dieta mirata, che è pure in grado di ottimizzare l’efficacia della terapia medica e può considerarsi tra i rimedi più efficaci per il reflusso. Le raccomandazioni dietetiche per la MRGE sono finalizzate a ridurre il reflusso e i suoi sintomi. Contemplano modifiche sia qualitative che quantitative della dieta abituale, allo scopo di diminuire lo stimolo della secrezione acida, il rilassamento dello sfintere esofageo e la distensione dello stomaco provocati dal cibo.Uno degli obiettivi che una dieta ben impostata consente di ottenere è il calo del peso corporeo per chi ne abbia necessità: la riduzione dell’eccesso ponderale può portare alla regressione dei sintomi del reflusso gastrico.

Esaminiamo allora le modifiche di base della dieta di chi soffre di reflusso.

Come e cosa mangiare per calmare il reflusso

  • Frazionare l’introito calorico giornaliero in 5-6 piccoli pasti, piuttosto che nei tradizionali tre 
  • Riservare alla cena i piatti più leggeri
  • Masticare lentamente e a lungo, insalivando per bene il boccone ed evitando distrazioni (smartphone, lavoro ecc.)
  • Coricarsi almeno tre ore dopo il pasto
  • Lasciare trascorrere come minimo un paio di ore prima di praticare sport

Cibi da evitare per il reflusso

  • Alimenti ricchi di grassi (salame, pancetta e altri salumi e insaccati, tagli grassi di carne, formaggi stagionati, burro, panna, intingoli, fritture ecc.)
  • Pomodoro
  • Cipolla e aglio
  • Agrumi (arancio, pompelmo ecc.), kiwi, ananas e altra frutta acida
  • Spezie (in particolare pepe, peperoncino, paprika, curry, cannella, noce moscata)
  • Cacao e tutto ciò che lo contiene
  • Alcolici, compresi vino e birra
  • Caffè, tè e cola, anche decaffeinati
  • Bevande gasate in genere
  • Menta (attenzione a caramelle e gomme da masticare!)
  • Cibi e bevande molto freddi o molto caldi

Se la dieta è personalizzata è più efficace

In realtà, i consigli dietetici devono essere individualizzati, perché individuale è la risposta dei pazienti affetti da malattia da reflusso gastroesofageo. Certi alimenti di norma controindicati non sembrano arrecare ad alcuni il minimo danno, mentre in altri casi i cibi di norma concessi ai “reflussisti” non vengono tollerati (un esempio tra tutti, le banane). Andrebbero, poi, sempre ricercate e gestite specifiche sensibilità individuali nei confronti di ulteriori alimenti, anche molto comuni e di frequente consumo dalla cui riduzione nella dieta molte persone che soffrono di MRGE risultano “miracolate”. Il fattore scatenante può persino essere una combinazione di alimenti e cause extralimentari, che vanno indagate. Individuare con il nutrizionista i cibi “incriminati” e le loro adeguate modalità di consumo, in termini di frequenza e quantità, è il modo razionale di affrontare il reflusso gastroesofageo in ottica non farmacologica, anche allo scopo di evitare eliminazioni indiscriminate che rendano la dieta poco equilibrata e i cui effetti negativi potrebbero farsi sentire a distanza di anni.

Antonia Cassavia

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