Memoria corta e tentativi di distorsione storica contribuiscono a darci una visione edulcorata del fascismo che fa comodo alla Destra di governo
Qualche settimana addietro ci è capitato di leggere su “Ilfattoquotidiano” una bella intervista allo storico Mimmo Franzinelli, uno dei maggiori esperti di Storia contemporanea, che ci è sembrata illuminante per capire come mai ancora oggi si faccia difficoltà a esprimere da certe parti un giudizio netto su una delle pagine più buie della nostra storia, il ventennio di feroce dittatura fascista. Lo storico analizza il contesto italiano dell’immediato dopoguerra e lo inserisce nel più generale contesto internazionale di guerra fredda e di contrapposizione con il blocco comunista. L’Italia del tempo aveva interesse a una frettolosa pacificazione e a non fare i conti definitivamente con il recente passato. Mentre la Germania celebrava il processo di Norimberga, mettendo alla sbarra e condannando i criminali nazisti, l’Italia manteneva nella pubblica amministrazione i vecchi gerarchi fascisti che, riciclandosi, mantenevano una posizione di potere in posti strategicamente rilevanti, come la Corte di Cassazione, dove assai frequentemente venivano accolti i ricorsi dei gerarchi. Nel suo ultimo libro uscito nel 2022 per Laterza (“Il fascismo è finito nel 1945”), il prof. Franzinelli mette a nudo la tendenza dell’Italia del secondo dopoguerra a chiudere frettolosamente i conti col recente passato in una sorta di generale deresponsabilizzazione del ventennio. Solo nel 1994 venne fuori il cosiddetto “Armadio della vergogna”, con la scoperta di migliaia di fascicoli di ex fascisti occultati da magistratura e procura generale militare. I grandi industriali, in buona parte conniventi col regime, sono rimasti al loro posto, così come alcune grandi penne giornalistiche si sono rapidamente convertite. In pratica, di fronte al pericolo comunista, si scelse l’indulgenza e il compromesso con i fascisti, atteggiamento che è proseguito, a nostro avviso, anche nei decenni precedenti. Ricordiamo il governo Tambrone, nato ai primi anni Sessanta con l’appoggio esterno del MSI.
In pratica, l’atteggiamento nostro, di italiani, è stato storicamente abbastanza indulgente con il fascismo. Il professor Franzinelli ricorda come Mussolini sia stato destituito, nel luglio del 1943, dallo stesso Gran Consiglio fascista con l’appoggio della corona, non dal popolo. In sintesi, fatta salvo chi scelse la via delle montagne, mettendo la propria vita in pericolo per lottare per la libertà, – e verso i quali abbiamo perennemente il dovere di onorarne la memoria – la maggioranza del popolo italiano è sempre stato storicamente abbastanza indifferente, nella migliore delle accezioni, alla tematica delle dittatura e della privazione delle libertà. I vecchi gerarchi si sono riciclati nei vari partiti nati nel dopoguerra. Mentre la Sinistra ha trovato la forza nel 1989 di fare i conti col passato e dichiarare che il Comunismo è stata una pagina terribile della Storia per le sofferenze immani inflitte ai popoli che vivevano nei Paesi del cosiddetto “Comunismo reale”, per la Destra, Fiuggi è stata poco più di una cura termale, i cui benefici effetti sono stati presto dimenticati. Ne è la prova la posizione isolata di Gianfranco Fini, certamente scomodo per la Destra di governo nel momento in cui ricorda la necessità che la premier si dichiari apertamente antifascista.
In sintesi, fatta salva quella parte di italiani che coraggiosamente scelsero le montagne per lottare per la nostra libertà, la maggioranza degli italiani è stata sempre abbastanza indifferente alla tematica fascista, l’ha subita passivamente ai tempi e ha vissuto il dopo con altrettanta apatia. Consci di questo nostro atteggiamento di fondo, l’attuale Destra persevera spavaldamente a non volere chiudere definitivamente con un passato lontano e verso il quale basterebbe solo che si dichiarasse “contro”. Nel suo intervento sul “Corriere” del 25 aprile, Giorgia Meloni ha detto tanto ma non si è dichiarata antifascista. Non è una questione semantica ma sostanziale, servirebbe a chiudere definitivamente i conti con un passato ingombrante ma lontano, verso il quale non ci possono essere incertezza o tentennamenti.
Massimo Conocchia
Caro Massimo, tu chiedi alla Meloni l’impossibile, non tieni conto, cioè, del fatto che tutta la carriera politica di questa gente è stata costruita all’ombra e al sole dell’idologia fascista, alla cui base c’è sempre il mito del Duce; se a costoro, caro massimo, tu togli questo substrato, come vorresti che facessero con inutili pentimenti, di loro non resterebbe nulla, insomma è come chiedere loro di evirarsi, e noi non siamo mai stati così cattivi!
Caro Professore, con la sua pungente ironia ha toccato un nervo scoperto della Destra, ossia l’impossibilità di fare i conti con un passato pesante. Tuttavia, ritengo che questo momento chiarificatore debba venire , se veramente questa destra di governo vuole ambire a proiettarsi in un panorama sovranazionale. Un caro saluto e un abbraccio.