Lo spirito giacobino rivive nelle piazze francesi e denota un diverso modo di reagire rispetto alla nostra sostanziale apatia
Ciò che sta succedendo in questi giorni in Francia con feroci proteste contro le politiche neoliberiste del presidente francese – e particolarmente la contestatissima riforma previdenziale, comunque assai meno penalizzante della nostra attuale “Legge Fornero” – dimostra sicuramente un diverso modo di reagire dei nostri cugini di fronte a politiche che da un lato premiano i grandi capitali e le grandi industrie, dall’altro penalizzano i lavoratori. Guardando gli eventi francesi di questi giorni, viene spontaneo un parallelismo con quanto è successo da noi un decennio addietro, quando un governo tecnico imposto dall’Europa si è posto come obiettivo quello di fare pagare il prezzo di una difficile situazione economica ai lavoratori. Una ministra esile, con un approccio timido e le lacrime agli occhi, ha fatto digerire agli italiani una legge penalizzante che, oltre a imporre quasi 43 anni di contribuzione, vincola l’età pensionabile alla vita media con l’obiettivo futuro di tenere i lavoratori in attività ben oltre i 70 anni. Allora gli italiani, come d’abitudine, digerirono la polpetta avvelenata senza battere ciglio.
Ciò che emerge, osservando la storia recente e passata dei due popoli è, sicuramente, un diverso approccio ai problemi e una determinazione maggiore nel reagire a ciò che si ritiene ingiusto da parte dei francesi. La Francia protesta e incendia le piazze per una riforma meno traumatica di quella italiana che, oltretutto, aumenterà di un anno l’età pensionabile a partire dal 2027. Qualche anno prima la classe media, i cosiddetti “gilet gialli”, ha portato avanti una protesta tale da fare rientrare il paventato aumento del prezzo della benzina. A ben guardare, però, alcuni elementi macroscopici permettono di capire come mai, in questo caso, la riforma delle pensioni in Francia sia comunque passata: la prima è che il governo si è servito di un articolo della Costituzione, che gli ha permesso di aggirare il voto in parlamento, dove non sarebbe passata, a differenza di quanto è successo con la Fornero, dove una parte del centro – sinistra ha votato la riforma. La seconda ragione è che Macron si trova al suo secondo mandato, per cui non sarebbe più eleggibile e questo gli ha dato la determinazione di portare avanti una legge che lo ha portato ad essere decisamente impopolare. Non sappiamo se la ferma reazione dei francesi porterà a qualche risultato, di sicuro non si potrà che i cittadini non abbiano espresso il loro dissenso.
Osservando le piazze francesi di questi giorni viene spontaneo un raffronto con le nostre diverse storie. I francesi hanno avuto una delle rivoluzioni più importanti della Storia, i cui principi hanno ispirato molta parte dei moderni assetti degli Stati. Il nostro Paese è troppo giovane come Nazione e ha conosciuto dominazioni varie che, in parte, hanno compromesso, se non il principio, sicuramente la percezione dello Stato unitario, visto come qualcosa di pasticciato e frutto più che altro di annessione di uno Stato (quello di Sardegna) che ha inglobato tutti gli altri. In tempi più recenti, le spinte centrifughe, partite soprattutto dal Nord, hanno ulteriormente indebolito, a nostro modo di vedere, la visione unitaria di uno Stato con i medesimi obiettivi e interessi. Seppure i francesi abbiano le loro beghe e debbano fare i conti con una multietnicità frutto di una incompleta assimilazione di cittadini provenienti in buona parte da ex colonie, di fronte alla difesa di diritti inviolabili riescono a ritrovare compattezza e unità di intenti. La nostra incapacità di reagire di fronte a storture evidenti ha permesso a chi ci ha governato di farci digerire le peggiori porcate senza un minimo di resistenza. Tutto questo e altro ancora ci fa dire che, per lo meno sotto questo aspetto, abbiamo qualcosa da imparare dai nostri cugini d’oltralpe.
Massimo Conocchia