La giovane sospirava il marito e ricorreva alla magia

Il popolo, un tempo, credeva che tutto fosse permeato e modificato dalla magia. Vi erano giorni particolari, in cui fare particolari consulti.

A Capodanno la ragazza, che sospirava il marito, si affacciava alla porta di casa e scrutava la via. Se passava una donna il “segno” non era di buon’auspicio, così se passava qualche uomo avanti negli anni. Doveva passare un giovane, possibilmente bello, se la sorte le indicava un buon presagio.

La Domenica delle Palme era un altro di questi giorni propizi per il responso.

Quando la ragazza, che era innamorata o sperava nell’amore d’un giovane, ritornava dalla chiesa, col ramo di ulivo benedetto, correva in casa, al fuoco, per ottenere un responso. Si attendeva, con cura, alla prova per sapere se il giovane fosse innamorato di lei o se le volesse bene o meno. Lei riteneva che quella fosse prova infallibile. Si usavano, nella pratica magica, infatti, due elementi, che le davano la certezza: il fuoco, che aveva, in quei tempi, funzione e uso molteplici.

Nel campo della magia, le avevano insegnato, aveva potere indiscusso: non era vero, forse, che i panni dei bambini e quelli raccolti, dal posto dove erano stati stesi, dopo il calar del sole, per evitare che fossero stati preda di malefici degli spiriti malefici si passavano sulla fiamma?

La nonna, inoltre, le aveva fatto constatare che il fuoco parlava. Proprio così: il fuoco parlava. Bisognava, però, saperne interpretare il messaggio. La legna che si consumava emanava, improvvisamente degli stridii? Ebbene, la nonna le aveva detto: – Senti?… Nemici contro di noi! -. Proprio così, il fuoco riportava nel suo linguaggio le critiche aspre, che persone ostili dicevano della famiglia dove quel fuoco ardeva.

Il poeta Biagio Autieri riporta, in una satira, il potere indiscusso del fuoco nella medicina: – ‘U fuocu, mi dicìanu anticamenti, / ch’è ‘nu granni rimèdiu a tutt’ ‘i mali (Il fuoco mi dicevano anticamente, [traduciamo nell’eventualità che vi sia qualche lettore, che trovi difficoltà nella comprensione del dialetto] / è un grande rimedio per guarire tutti i mali). Non solo: il fuoco lo si trova per purificare, per allontanare gli spiriti maligni, i lupi ecc. ecc. Esso è, perciò, un elemento fondamentale in alcune pratiche magiche. Lei, la ragazza sapeva tutto questo. Sapeva, anche, che la religione, con la sua sacralità non poteva mentire.

Così, al ritorno dalla chiesa, come detto, correva al focolare dove il fuoco non si spegneva mai e, trepidante, staccava una foglia dal ramo dell’ulivo benedetto e dava vita al consulto, per sapere se quel ragazzo, che andava su e giù per la via era innamorato di lei; o se l’innamorato le voleva realmente bene come diceva: gettava quella foglia fra le braci, se crepitante saltellava era segno che il giovane le faceva la corte; o le voleva bene. E, le voleva tanto più bene se saltellava molto.

Il responso sarebbe stato l’inverso se quella foglia, gettata sul fuoco bruciava senza saltellare. Lei, allora, calava il broncio e se aveva la fortuna di avere un breve dialogo, rimproverava il responso negativo all’incolpevole innamorato.

La ragazza, però, sospirando il marito, aveva consultato il cuculo, quando si faceva sentire col suo monotono canto. Gli aveva chiesto: – Cuccu, cuccu mia de sita, / quant’anni ci vuonu e mi maritu? (Cuculo, cuculo mio di seta, / quant’anni passeranno per avere un marito?). Trepidante aveva contato quei cucù che, com’è noto, non finivano mai.

La giovane che ambiva a convolare a nozze, aveva interrogato ‘nu Santu supra tutti l’atri santi (un Santo più importante di tutti gli altri Santi). Sì diceva proprio così, per ingraziarsene la benevolenza. Questi era San Giovanni Battista, che si festeggia il 24 giugno.

La pratica si metteva in atto col concorso delle anziane di famiglia, che avevano esperienza in queste cose e che erano capaci di leggere dove le giovani mancavano di quella tanta conoscenza e sapienza.

Questa volta nella pratica era presente sempre il fuoco. Si prendeva del piombo, si faceva liquefare al fuoco, in un pentolino, e subito si versava in una bacinella d’acqua fredda. La forma, che assumeva nella contrazione, andava interpretata con sapienza, per trarne il responso.

Quanta poesia!                                                       

Giuseppe Abbruzzo

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