La sete d’acqua
I processi di sviluppo, fisiologici nel percorso storico dell’umanità, negli ultimi decenni, stanno registrando progressi inimmaginabili, supportati in ciò da una conoscenza tecnica e scientifica che fa passi da gigante.
Questa evoluzione, se da un lato sta assicurando migliori condizioni di vita, soprattutto nella parte ricca del Pianeta, pensiamo alla salute ed alla diffusione del pensiero, dall’altro sta generando squilibri che, se non fermati e indirizzati verso una nuova prospettiva, rischiano di mettere in seria difficoltà la stessa sopravvivenza del genere umano.
Il problema dell’acqua è uno di questi.
L’acqua è l’elemento naturale che pervade ogni aspetto dell’esistenza, la cui presenza è segno di vita.
Intorno alla disponibilità dell’acqua si sono create comunità umane, i loro successi, mentre la sua mancanza ha decretato la fine di intere civiltà. Una risorsa preziosa la cui resilienza e sostenibilità va garantita per la stessa sopravvivenza dei fragili equilibri degli ecosistemi.
L’Onu, nel suo rapporto redatto in occasione della Giornata mondiale dell’acqua, 22 marzo, lancia un nuovo allarme: la collettività sta “vampirizzando” le risorse idriche, succhiando dalla Terra tutto ciò che è possibile ricavare, con uso dissennato ed irresponsabile di un bene fondamentale per la vita e per gli equilibri democratici del Mondo.
In un precedente report del 2022, Drought in Numbers 2022, sempre l’Onu forniva dati preoccupanti. Uno su tutti: entro il 2050, la siccità potrebbe colpire oltre il 75% della popolazione mondiale, da 4,8 a 5,7 miliardi di persone potrebbero vivere in aree con carenza d’acqua per almeno un mese all’anno e ben 216 milioni di persone potrebbero essere sfollate dalle loro case.
Oggi, sono circa 2 miliardi le persone non hanno accesso ad acqua potabile sicura, mentre 3,6 miliardi non lo hanno a servizi sanitari affidabili.
L’accesso all’acqua è gravemente diseguale: metà della popolazione mondiale, quattro miliardi di persone, convive con una grave scarsità d’acqua per almeno un mese all’anno. Circa mezzo miliardo affronta la scarsità d’acqua tutto l’anno e circa 4,2 miliardi di persone non hanno servizi igienico-sanitari, 2,2 miliardi non dispongono di acqua potabile sicura e 700 milioni di persone potrebbero essere sfollate a causa della scarsità di acqua entro il 2030 (di questi 250 milioni solo in Africa).
Siamo, quindi, in una piena crisi endemica, causata da diversi fattori,alla cui origine vi è sempre e comunque l’azione dell’uomo conseguente alla predilezione del modello di sviluppo economico determinato negli anni.
Il consumismo, nelle scelte alimentari, ha dato vita ad un sistema di agricoltura intensiva, che utilizza ben il 70% di tutta l’acqua dolce a livello globale, con un impiego che per circa un terzo è legato alla produzione di carne e latticini.
Il cambiamento climatico, frutto dell’attuale sistema industriale e del modello di comportamento dei consumatori, ha avuto i suoi impatti con il peggioramento delle inondazioni, l’innalzamento del livello del mare, lo scioglimento dei ghiacciai, gli incendi e la siccità.
I consumi idrici ad uso civile sono connotati da una propensione ad un utilizzo eccessivo, non mitigato da una sana cultura al risparmio: solo in Italia, che non ha rivali tra i Paesi dell’Unione Europea, si consumano 220 litri per abitante al giorno contro una media Ue di 165.
Se a ciò aggiungiamo, per il nostro Paese, l’esistenza di una rete colabrodo, allora possiamo misurare con mano l’abnorme spreco: la percentuale di perdite idriche in fase di distribuzione raggiunge il 42,2%, collocando l’Italia al quart’ultimo posto tra i 27 Paesi Ue+Uk, mentre il dato relativo alle perdite lineari, pari a 9.072 m3/km/anno, ci colloca all’ultimo posto in Europa.
Ma il consumismo si è spinto oltre, fino a far diventare la stessa “democratica” risorsa, un bene di speculazione finanziaria.
Come l’oro, il petrolio, i diamanti, l’acqua è quotata nelle maggiori borse mercato del Mondo, soggetta anch’essa a manovre speculative.
È stato il più potente fondo d’investimento del Pianeta, Black Rock, a trasformare una risorsa naturale essenziale in una merce dotata di un proprio valore economico.
Sulla base di un’analisi della letteratura e dei dati raccolti, in soli cinquant’anni l’acqua in bottiglia si è trasformata in “un settore economico importante ed essenzialmente autonomo” registrando una crescita del 73% dal 2010 al 2020. E le vendite dovrebbero quasi raddoppiare entro il 2030, da 270 miliardi di dollari a 500 miliardi di dollari.
Zhong Shanshan, re dell’acqua in bottiglia, è l’uomo più ricco della Cina, con un patrimonio personale stimato in circa 65,7 miliardi di dollari.
Il quadro è chiaro.
Come sempre, e questa sembra una costante dei giorni moderni, bisogna invertire risolutamente la rotta, perché troppo alti sono i rischi di un sistema che, eufemisticamente parlando, fa acqua da tutte le parti.
Più investimenti in infrastrutture in grado di garantire risparmio ed efficienza nell’uso della risorsa ed una decisa azione di educazione al consumo si delineano come criteri di azione nel prossimo futuro, intervenendo anche per limitare, regolamentandoli, quei fenomeni economici che, lucrando sul bene acqua, tendono ad influenzaresistemi di potere che spingono, inevitabilmente, per una minore disponibilità democratica e pubblica della risorsa.
Angelo Montalto