“Chi tiempu fa?”, un libro da leggere e conservare
“Chi tiempu fa?” è l’ultima e più fresca fatica letteraria di Giuseppe Abbruzzo.
Il sottotitolo esplicita chiaramente il contenuto: “la meteorologia nella tradizione popolare di Calabria”. Il libro, uscito nel mese di marzo per Apollo edizioni (pp 219. euro 20), si inserisce in uno dei filoni che l’appassionato studioso ha coltivato nel corso della sua vita: le tradizioni popolari, il folklore, gli usi e costumi popolari. L’intento e lo scopo del libro è dichiarato immediatamente dall’autore in una breve premessa: “togliere dall’oblio del tempo e salvare da morte certa parte della nostra notevole tradizione sul tema, tramandata essenzialmente oralmente”.
Il volume si legge tutto di un fiato per la prosa fluida e scorrevole, ricca di detti e proverbi popolari dal sapore a volte di presagio, altre ancora premonitore. In maniera analitica si passano in rassegna i vari aspetti, a cominciare dalla semplice osservazione del cielo per trarne notizie sul presente e sul futuro. Ma c’è di più. Gli astri, le stelle, la luna, tutti assumono il significato di strumenti di cui, in definitiva, il popolo si serviva per orientarsi in un mondo di insidie. Così come il vento, a seconda della direzione da cui spira, porta messaggi diversi, a volte propizi, altri meno.
La pioggia, i mesi, le stagioni sono latori di messaggi da interpretare, necessariamente, per potersi orientare. In un mondo privo di ogni mezzo, dove la scienza o non era ancora o non arrivava, ci si affidava a ogni entità per poter navigare e orientarsi nel mare profondo ed inviato che è la vita. Tanti detti popolari raccolti da più parti della provincia, numerosi riferimenti bibliografici che danno al volume la dignità del saggio. Quello che emerge alla fine è un mondo arcaico, lontano che, grazie al sapiente lavoro di ricerca dell’autore, rivive e ci restituisce uno spaccato di un universo ammantato di superstizione e magia, strumenti “salvifici” in un mondo che mancava di tutto, avvilito e mortificato nello spirito e nel corpo da malattie e povertà, nel quale gli elementi e le forze naturali spesso risultavano più affidabili degli uomini e del sapere limitato del tempo.
Massimo Conocchia
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